Andrea Marcolongo a Leggermente, 23 maggio 2022

Andrea Marcolongo (scatto di Norman Sgrò)

L'evento conclusivo dell'edizione Leggermente 2021/2022 è stato l'incontro con la scrittrice Andrea Marcolongo, che ha presentato in Cascina Roccafranca, il 23 maggio 2022, il suo ultimo libro De arte gymnastica. Da Maratona ad Atene con le ali ai piedi (Laterza, 2022)

Dopo aver compreso «come si fa a diventare uno scrittore che corre» grazie ad Haruki Murakami, che ne L’arte di correre compie il ritratto di uno scrittore/maratoneta - disdegnando però l’idea che la corsa possa essere una filosofia di vita ma invece solo un'attività che fornisce «un’occasione estremamente valida di apprendimento» - ora Andrea Marcolongo ci racconta come, dopo aver passato tanti anni «a lottare con la lingua greca per tentare di “pensare come pensavano i Greci”», a 34 anni (quasi la stessa età di Murakami quando si è dato alla corsa) ha capito che era venuto per lei il momento di alzarsi e «provare a “correre come correvano i Greci”», decidendo di correre i 41,8 km che separano Maratona dall’acropoli ateniese. 

La rilettura del De arte gymnastica di Lucio Flavio Filostrato (retore e filosofo nato a Lemno intorno al 170 d.C.) - una sorta di saggio sofistico in difesa della vera ginnastica per la quale Filostrato si sarebbe proposto di rivendicare la dignità di una sophia, segnalando le degenerazioni dell’allenamento fisico portato all’eccesso e dell’ atletismo professionale - è l’avvio per Marcolongo di una riflessione sul movimento che non è solo «manutenzione del corpo» ma anche appunto sophia, scienza e sapienza, una disciplina paragonabile alla matematica, all’astronomia o alla filosofia.

Già Platone aveva evidenziato come l’uomo assennato non si preoccuperebbe di essere forte o sano o bello se ciò che lo rende tale non contribuisse anche a renderlo saggio: la cura dell’armonia fisica risulta pertanto strettamente collegata a quella spirituale (Repubblica, libro IX). E certamente la filosofia nasce correlandosi al movimento, nasce in cammino appunto, con Socrate nelle strade di Atene, sotto i portici dell'accademia di Platone, nelle dispute dei seguaci e allievi di Aristotele che si intrattenevano a discutere nel Peripato, nei giardini di Epicuro. Ma è indubbio che nel camminare ritroviamo una dimensione dialogica (e quindi filosofica) che nella corsa si fatica a trovare. Si corre soli, anche perché manca proprio il fiato per dialogare. Sono stati pubblicati molti libri sulla filosofia della corsa, anche recenti, ma la solitudine del runner forse rischia di essere un po' autoreferenziale e quindi poco filosofica. Risulta evidente che non possiamo essere noi stessi l’unica fonte di (auto) comprensione: la corsa, a dispetto di Filostrato, sembra essere più arte che sophia, come in fondo rivelano i titoli scelti da Murakami e Marcolongo. 

Studiare a fondo il greco o scrivere un libro sono certamente attività che richiedono solitudine ma - sottolinea infatti Marcolongo - «non siamo mai così soli come quando corriamo». Certamente anche nella dimensione solitaria dello studio e della scrittura esiste un Tu con cui relazionarsi (nel caso dello studio del greco i grandi classici, nel caso della scrittura i propri futuri lettori per esempio) mentre la corsa appare una attività più monologica rispetto ad altre attività che si svolgono in solitudine. La corsa non ammette in forma discorsiva la presenza dell’altro, anzi si corre in uno stato di ipofrontalità transitoria (lo stato di flow a cui Marcolongo dedica un intero capitolo collegandolo però al concetto greco di kairós, di "tempo fuori dal tempo"); al contrario  l'esercizio della scrittura - pur praticato in solitudine - avviene sempre al cospetto del mondo, di una comunità di lettori, anche nel caso di una scrittura fortemente introspettiva. 

Già ne La misura eroica, dedicato al mito degli argonauti, nel capitolo intitolato Il paradosso della solitudine, Andrea Marcolongo aveva fatto cenno ad un video virale sul web in cui, in una gara di atletica (3000 metri di corsa), il giudice segnala una falsa partenza e tutti gli atleti si fermano tranne uno, che continua ignaro la sua corsa. Una corsa del tutto solitaria in cui crede di vincere ma in realtà viene squalificato. In questo testo Marcolongo scriveva che ci si trova a correre soli mentre si credeva di correre insieme con qualcuno al traguardo. Praticando la corsa - senza più utilizzarla solo come metafora - Marcolongo ha però compreso che non si corre mai insieme a qualcuno, che è già tanto se si riesce a camminare con lo stesso passo. Marcolongo non si è infatti affidata, per la preparazione della maratona, ad un allenatore/motivatore (con buona pace di Filostrato che invece dedica amplissimo spazio alla figura dell'allenatore) e neppure ha condiviso gli allenamenti con qualcuno. «La solitudine dell'asfalto è tale che il fuoco, o l'acqua nel deserto, irrimediabilmente devono venire da dentro di noi - altrimenti ogni sforzo è vano, e la fatica insopportabile». 

Sono riuscitissime le pagine finali in cui Marcolongo ridimensiona anche la portata della felicità per aver concluso un progetto: l'allegria per aver portato a termine la maratona di Atene è durata per lei solo 5 minuti; vincere è «in qualche modo sopravvalutato» mentre il ricordo di un dolore, anche passato, dura tantissimo. C'è appunto un'asimmetria esistenziale fra felicità e sofferenza che ci fa forse capire che la felicità sta più nel processo e nella preparazione, che nella conclusione vittoriosa. Dopo la vittoria ci aspetta il solito vuoto e infinita stanchezza. Qual è il rimedio a questo horror vacui? C'è una apoterapia ("terapia dell'attimo dopo"), una cura del vuoto adeguata? Marcolongo, rassicurando la nostra stessa incapacità, afferma di non averla mai imparata, di non sapere ancora gestire - e noi con lei - la malinconia tipica della fine di un grande progetto o del raggiungimento di un traguardo. 

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Andrea Marcolongo a Leggermente

Molti critici letterari, a partire da Benedetto Croce, affermano che di un autore contano solo le opere, però quello che ha colpito di Andrea Marcolongo è stata la grazia gentile con cui ha sorriso ai suoi lettori, l'attenzione che ha riservato ad ognuno nel firma copia finale, la modestia con cui mi ha ringraziato per le domande, il ricordo personale di quanto le biblioteche abbiano contato nella sua istruzione (elargito non per dovere formale ma con evidente schiettezza). 

Gli scatti fotografici sono di Norman Sgrò.

Testo di Stefania Marengo (Biblioteche civiche torinesi). 

La registrazione dell'incontro con Andrea Marcolongo è avvenuta a cura delle Biblioteche civiche torinesi; il video è stato pubblicato sul canale YouTube delle BCT.

I libri di Andrea Marcolongo nel catalogo BCT