Antonia Pozzi: "Nell'anima, nessun motivo costringente"

Copertina della videolettura Antonia Pozzi: "Nell'anima, nessun motivo costringente"

Ho ricominciato a scrivere versi e non vorrei; è un brutto segno, ed è troppo presto. Avevo bisogno di un più lungo silenzio per combinare qualche cosa di buono”: così scrive Antonia Pozzi in una lettera del 1935. Era stato espresso, da intellettuali a lei vicini e stimati, un giudizio negativo sul suo lavoro poetico; l'avevano incoraggiata a 'calmarsi' e a 'scrivere di meno'. I dinieghi sentimentali e letterari pesano come macigni sulla decisione di darsi una morte volontaria a soli 26 anni, ma la storia personale s'incrocia, in questo caso, anche con la grande storia. Nell'autunno del '38, infatti, il regime fascista aveva da poco varato le Leggi razziali ed Antonia Pozzi avvertiva il cupo clima politico italiano ed europeo, che aveva colpito alcuni dei suoi amici più cari. Pochi mesi dopo, come lei stessa aveva previsto, l'età delle parole si concludeva per sempre.

La sua opposizione al regime non era mai stata aperta, ma silenziosa e culturale: attraverso i suoi versi, diretti e pienamente moderni, alieni da ogni trionfalismo; attraverso i suoi studi filosofici, come allieva di Antonio Banfi, intellettuale estraneo al fascismo; attraverso i suoi numerosi album fotografici, anch'essi  permeati da una apertura fenomenologica al mondo della vita. 

La famiglia negherà la circostanza 'scandalosa' della sua morte, attribuendo il decesso ad una polmonite; il padre, nella prima edizione postuma delle sue poesie, modificherà i versi ritenuti indecenti o inadatti.

Per ognuna delle sei poesie selezionate per la videolettura  proposta dalle Biblioteche civiche torinesi, l'artista Norman Sgrò ha dipinto una tavola astratta, suggerita dai versi di Antonia Pozzi, seguendone il ritmo e associando, di volta in volta, il significato dei versi a colori e forme differenti: una piena immersione nella distanza temporale fra due epoche lontane fra loro, ricercando un più profondo punto di contatto.

Testo di Stefania Marengo (Biblioteche civiche torinesi)

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