E adesso parliamo di donne. Partendo da Barbara Strozzi ed Élisabeth-Claude Jacquet de La Guerre

Barbara Strozzi & Élisabeth-Claude Jacquet de La Guerre

Non so come la pensiate, se siete fra coloro che finalmente uno sguardo sull’universo musicale femminile! o fra quanti sospireranno pensando: eccola la forzata del women empowerment… Ma no… Come sempre, la semplice necessità di condividere ricerche e scoperte. Il terreno è quello musicale, ché di questo ci occupiamo, e la scelta non può che essere arbitraria, tante sono le protagoniste della storia della musica. Il tentativo vorrebbe comunque dare evidenza al lavoro delle donne nella musica, definendo ruoli e spazi attivi, protagonismi non solo esecutivi, nella consapevolezza dello sguardo, se non altro, parziale, dei compilatori di manuali storici ed enciclopedici.

Ernest Newman, critico britannico del secolo scorso, nel londinese The musical Time del I giugno 1910 scriveva: Supponiamo che nel XVIII secolo una ragazza di famiglia umile fosse nata con una vera propensione per la composizione musicale. Che possibilità reale ci sarebbe stata di sviluppare questo dono? Quanti padri, pur disponendo di mezzi finanziari, avrebbero speso il loro denaro nell’educazione musicale della propria figlia? […] E quante ragazze delle classi inferiori – anche con la conoscenza degli elementi tecnici necessari per comporre – avrebbero potuto, poi, trovare il tempo per usarla? Le necessità economiche le avrebbero portate o al matrimonio o ad un lavoro di altro tipo che avrebbero reso impossibile una regolare dedizione alla composizione. Il risultato delle pressioni costanti di tutti questi elementi ha limitato l’educazione musicale alle sole fanciulle delle classi superiori o alle figlie di musicisti.

Certo si trattava di un secolo fa, sicuro molte cose sono cambiate e diversa è anche la loro percezione e l’esercizio alla previsione, leva essenziale per un vero cambiamento. L’apprendimento musicale è adesso estremamente facilitato (considerazione che avrebbe comunque bisogno di una bella regolazione di chiaro-scuri e che non tiene conto della qualità dei risultati) e le fanciulle che si dedicano allo studio musicale lo fanno con maggiore facilità di un tempo. Eppure riflessioni e affermazioni potrebbero essere tranquillamente prese a prestito da un articolista contemporaneo e usate per tratteggiare un’analisi dedicata non solo all’universo femminile. Quante sono le iscritte ai corsi di composizione in Conservatorio? Quante di loro terminano gli studi? Quante le compositrici di colonne sonore o le sound designer? Le direttrici d’orchestra? Ha tutto a che fare con una cultura ancora intrisa di valori e sentimenti maschili – con l’oggettiva difficoltà di carriere scalabili da una donna – o si tratta della mancanza di vero interesse e/o della difficoltà di cogliere giuste percezioni delle proprie possibilità e della necessità di costruirle con corretti percorsi formativi e di carriera?

Non si tratta delle sole carriere musicali, lo sappiamo bene. Ma di queste vorremmo parlarvi e lo facciamo partendo da lontano, da due protagoniste femminili della musica del Seicento.

Il 6 agosto 1619 a Venezia nasce Barbara, iscritta nel registro battesimale della chiesa di Santa Sofia come figlia di Isabella Griega (o Isabella Garzoni) e di padre ignoto. Questo quello che raccontano le carte, ma la realtà è ben più complessa e inevitabilmente interessante. Barbara è figlia naturale di Giulio Strozzi, nella casa del quale Isabella lavora a servizio. Appartenente alla potente e ricca famiglia fiorentina degli Strozzi, Giulio è avvocato e letterato affermato, ed egli stesso figlio naturale e legittimato successivamente; decide di riconoscere come figliola elettiva e di adottare Barbara nel 1628, nominandola sua erede nel caso egli fosse sopravvissuto alla Garzoni e offrendole un’educazione alta e particolarmente indirizzata alla sua passione personale: la musica.
Giulio Strozzi, librettista, a Venezia aveva fondato l’Accademia degli Unisoni, promuovendo di fatto le esibizioni della figlia, che nei resoconti delle Veglie de’ Signori academici Unisoni havute in Venetia in casa del Signor Giulio Strozzi viene raccontata nella sua veste di cantatrice e accompagnatrice degli accademici. Nel frattempo Barbara riceveva la sua educazione musicale dal compositore veneziano Francesco Cavalli e da Pietro Antonio (Marc’Antonio) Cesti, diventando col tempo la mascotte dell’Accademia. All’età di 17 anni è per tutti ‘La Strozzi’Ma il rovescio di una medaglia fatta di numerosi riconoscimenti per la sua abilità musicale non mancò di presentarsi con la malignità feroce alla quale fu esposta nelle Satire et altre raccolte per l’Academia de gl’Unisoni in casa di Giulio Strozzi. Ad attirare le attenzioni maliziose dei commentatori, la sua libertà in amore e nella vita, malizia che fu alimentata anche da quel ritratto dipinto tra il 1635 e il 1639 da Bernardo Strozzi, nel quale la musicista appare effettivamente discinta, tanto da aprire definitivamente la strada alle ricostruzioni fatte da alcuni biografi sulla sua attività complementare di cortigiana. Certo è che si mantenne da sola, che fu la donna (la concubina) di Giovanni Paolo Vidman, nobiluomo veneziano dal quale ebbe probabilmente tre dei suoi quattro figli (sul loro rapporto e sulla presunta violenza perpetrata dal Vidman a danno della Strozzi quando lei era ancora quindicenne le ricostruzioni sono discordanti), che con grande caparbietà scrisse e fece pubblicare le sue opere, assicurandosi l’appoggio economico e di influenza di coloro ai quali le dedicò.
Nel 1644 Barbara pubblica il suo primo libro dei Madrigali, per due, tre, quattro e cinque voci, con testi di Giulio Strozzi, dedicandoli a Vittoria della Rovere, granduchessa di Toscana. Arriverà a far pubblicare otto collezioni, con Cantate, Arie e Ariette.

L’anno successivo alla pubblicazione del primo libro di Madrigali di Barbara Strozzi, in Francia nasce Elisabeth Jaquet de la Guerre e ad esser certa è solo la data del suo battesimo, il 17 marzo del 1665. Padre organista nella chiesa di St. Luis-en-l’Ile di Parigi e costruttore di clavicembali, fratelli insegnanti di clavicembalo e organisti a Parigi e Bordeaux, la sorella Anne violista e clavicembalista alla corte di Marie de Lorraine, Duchessa di Guise, la madre appartenente alla famiglia di musicisti dei Daquins: Elisabeth non poteva far altro che dedicarsi alla musica. Iniziò subito con le doti e la fama di una bambina prodigio, testimoniate dalla pubblicazione sul Mercure Galant (diventerà il Mercure de France) della notizia di una sua esibizione alla corte reale nel luglio del 1677. L’incontro con Luigi XIV fu il vero spartiacque nella vita della giovane musicista: Il Re Sole, il Re di Versailles, della corte faraonica, delle Arti e degli eccessi. Il Re che ammette Elisabeth alla sua corte e ne affida cura ed educazione alla sua favorita, Madame de Montespan.

Avete presente la corte del Re Sole? Se non conoscete la reale portata del progetto anche e soprattutto politico di Luigi XIV, consiglio un piccolo approfondimento. Basta qui ricordare che a Versailles fu ‘invitata a soggiornare’ tutta la nobiltà di Francia, la quale, ça va sans dire, doveva essere intrattenuta… Il re aveva a disposizione i migliori musicisti e decideva che musica pubblicare. A corte quelli erano gli anni del monopolio della produzione musicale da parte del musicista più vicino a Luigi XIV, Jean-Baptiste Lully, naturalizzato francese, ma italianissimo. Estremamente potente, divenne il Direttore dell’Académie Royale de Danse prima e successivamente della sua evoluzione, l’Académie Royale de Musique et Danse (l’attuale Opera de Paris). Dall’istituzione musicale creata da Luigi XIV, Lully plasmò la tragédie-lyrique, genere tutto francese di teatro musicale.

Insomma, Elisabeth dovette imparare a destreggiarsi in un ambiente nel quale le primedonne non erano necessariamente di sesso femminile!
Lo fece con grande abilità, dedicando al Re la sua prima opera pubblicata, Les pièces de clavessin (1687)riuscendo quindi nella doppia impresa di farsi pubblicare, lei compositrice, in un genere musicale che in Francia non aveva seguito editoriale. Nel frattempo, dopo aver lasciato Versailles, si era sposata con Marin de La Guerre, musicista anch’egli, continuando a comporre. Dopo l’opera Céphale et Procris, tragédie en music ispirata allo stile di Lully e messa in scena all’Académie Royale de Musique senza troppo successo nel marzo del 1694, ci saranno i Pièces de clavicin et le Sonates pour le viollon et pour le clavicin, che costituiscono l’esempio di come la compositrice sia riuscita a lasciarsi ispirare dallo stile strumentale italiano.
Comporrà Arie e Cantate, e un Te Deum à grand choeur per la guarigione del giovane Luigi XV, intensificherà la sua attività concertistica dopo e nonostante il dolore per la morte del marito e del figlio, pubblicherà le sue opere anche dopo la morte Re. Si può affermare che nessuna persona del suo sesso abbia avuto altrettanto talento per la composizione e per l’esecuzione al clavicembalo, scriverà Évrard Titon du Tillet, con ciò non so se rendendo veramente giustizia alla sua arte.

Della Strozzi in Biblioteca musicale trovate Diporti di Euterpe, overo Cantate e ariette a voce sola, opera settima, Venezia 1659, per l’interpretazione di Emanuela Galli, alla collocazione 05.F.469. Consiglio anche Battaglie & lamenti, 1600-1660: Monteverdi, Peri, Fontei, Strozzi, con la voce di Monstserrat Figueras e la direzione di Jordi Savall, alla collocazione 04.F.337.

Della Jaquet de La Guerre Suites for Harpsichord, con l’esecuzione di Elizabeth Farr, alla collocazione 12.F.884, e le Sonatas for violin and basso continuo, alla collocazione 11.F. 825 (Les Dominos e Florence Malgoire).

Di Laura Ventura