La Biblioteca a Palazzo civico: il problema dello spazio (1869-1929)

La facciata di Palazzo civico (1866-67)

Premessa

In questa scheda e nelle schede a essa collegate verranno presentate le principali fonti documentarie disponibili relative alle sedi che la Biblioteca civica ha occupato nel corso del tempo.
Per chiarezza di esposizione si è scelto di redigere una scheda per ciascuna sede, più una scheda preliminare dedicata alla lunga e controversa discussione in Consiglio comunale che precedette la decisione finale di collocare il nuovo Istituto presso il Municipio.

Quale sede per la nuova biblioteca?: le proposte (1855-1869)
La Biblioteca a Palazzo civico: il problema dello spazio (1869-1929)

La Biblioteca in corso Palestro: la nuova sede (1929-1943)
Palazzo Carignano: una sede provvisoria (1948-1960)
Via della Cittadella: la sede ricostruita (dal 1960 a oggi)

1869-1876

La prima sede della Biblioteca civica fu, per settant’anni (dal 1869 al 1929), collocata all'interno di Palazzo civico, in piazza Palazzo di Città. Una prima descrizione dei locali ci viene fornita dal direttore Daniele Sassi nel 1875, in allegato alla sua opera La Biblioteca civica di Torino: relazione della Direzione.

Egli scrive: La Biblioteca civica occupava ed occupa ancora due sale del 1° piano del palazzo municipale, già altra volta destinate agli archivi della insinuazione, più altre camere ad uso di magazzino. La sala di lettura, le pareti della quale sono ricoperte da scansie ed armadi … è fornita di due lunghi tavoli, i quali possono accogliere 64 studiosi, ed in una fila di seggiole nel mezzo della sala stessa si possono collocare altri 30 lettori.

In appendice specifica meglio: Il locale occupato dalla biblioteca componesi di:
1° Un vestibolo d’ingresso.

2° Una sala di 23 metri di lunghezza su 5,50 di larghezza, alta 9 metri circa con galleria.
3° Altra sala, alta pure 9 metri e pure con galleria, larga 6,50 e lunga 7 metri.
4° Un ammezzato al piano inferiore formato da due corridoi a squadra, uno dei quali è lungo metri 7,50 (compreso il sito occupato dalla scala) e alto 5,80 con eguale larghezza di 2,60 ed altezza di 3,50.

La sala ... contiene al piano 25 scansìe alte 3,50 ed una che, per essere praticata al di sopra della porta di comunicazione, è di soli 80 centimetri. Sonvi inoltre nelle strombature delle finestre e porte e sui lati delle scansie 18 armadiuoli che per la loro conformazione non sono adatti a riporvi i libri. Le scansìe offrono su 239 piani metri lineari 304 di appoggio utile ai libri. La galleria di questa sala porta 33 scansìe di un’altezza di 1,60, con 164 piani di metri lineari 231 complessivamente. - Per mancanza di spazio si dovettero riporre i libri di minor conto e di men frequente richiesta sul piano della cornice sovrastante alle scansìe e si ottenne così un maggior spazio di 60 metri in lunghezza, portato a 120 coll’essersi collocati su doppia fila i libri.

La seconda sala ... destinata all’ufficio del direttore ed in pari tempo a sala per disegno, novera 17 scansìe alte 2,20 e sovrapposte tutte ad armadiuoli dell’altezza di un metro circa. Le scansìe danno in 123 piani una lunghezza utile di metri 136, gli armadi contano per 48 piani metri lineari 53. Sulla galleria di questa sala 17 scansìe alte 2,20, meno una che è di soli 1,60, offrono 134 piani con uno sviluppo lineare di metri 160.

L’ammezzato ... in parte privo di luce, ha tra scansìe ed armadi una lunghezza utile di metri lineari 78.

La tanto attesa apertura della biblioteca, il 22 febbraio 1869, dopo quattordici anni di rinvii, viene accolta dai cittadini e dalla stampa torinese con grande favore e molte aspettative - favore dimostrato fin da subito e, in seguito, dalla elevata e crescente affluenza dei lettori.
Tuttavia, un articolo apparso sulla "Gazzetta di Torino" del 27 febbraio, dopo molte positive considerazioni sul nuovo Istituto ne evidenzia già i punti deboli, tra i quali il problema dello spazio insufficiente che si rivelerà nel tempo il più difficile da risolvere: La Biblioteca comunale si inaugurò sotto i più felici e lusinghieri auspici: numerosissimi sono gli studiosi che ad essa accorrono ogni sera: tutto procede col massimo e più mirabile ordine Di ogni cosa si deve tributare lode al signor cav. Pomba, il quale dirige questo stabilimento con una intelligenza ed una solerzia incomparabile.

Ciò malgrado, alcune cose si hanno a lamentare, come la mancanza di molte opere ricercatissime, la insufficienza del locale e del personale, non che il troppo breve tempo, per cui stanno aperte al pubblico le sale della Biblioteca.
Al primo inconveniente potranno sopperire le private elargizioni e specialmente quelle dei signori editori e librai, alla generosità dei quali facciamo, ne siamo persuasi, non inutile appello.

Al secondo si potrà provvisoriamente rimediare trasportando il banco dei distributori nella seconda sala, e ciò tanto più, perché così si ha mezzo e spazio per allargarlo, essendo esso attualmente troppo stretto ed insufficiente al bisogno.
Spetta poi alla Giunta del Consiglio Municipale di provvedere e sollecitamente al terzo. Trattandosi di una istituzione così utile e proficua per il paese, qualunque fosse la somma che in via straordinaria essa Giunta stabilisse per questo scopo, sarà sempre appoggiata dalla pubblica stampa e dalla cittadinanza tutta, e quindi non potrà a meno che avere eziando l’unanime approvazione del Consiglio Comunale intiero.

Nel gennaio 1870 la questione dei locali approda in Consiglio comunale: all’interrogazione posta da un consigliere sul perché la Commissione del bilancio abbia diminuito la somma proposta dalla Giunta per l’acquisto di libri, viene risposto dal consigliere Ferati che la Commissione ritenuto che la ristrettezza dei locali non permette di dare alla biblioteca uno sviluppo illimitato, si persuase di richiamarla esclusivamente allo scopo per cui venne fondata, di giovare cioè specialmente ai giovani i quali attendono agli studi tecnici ed alle arti industriali.
Emerge chiara la consapevolezza, trascorso poco meno di un anno dall’inaugurazione, delle limitazioni strutturali che pregiudicano in prospettiva lo sviluppo dell’Istituto, con il rischio immediato di compromettere il suo carattere di biblioteca generale per tutti.

Negli anni seguenti insieme al numero dei lettori aumenta anche il volume della raccolta libraria grazie alle numerose e importanti donazioni e ai nuovi acquisti, con la conseguenza che il problema dello spazio diventa sempre più gravoso. Il 12 aprile 1874 se ne occupa la "Gazzetta Piemontese":
Collo sviluppo che va prendendo la Biblioteca, essendosi riconosciuta la necessità di allargarla, si sta allestendo il progetto di chiudere l’atrio mediante un’invetriata; così si fa posto a più di 60 accorrenti.

Del problema e delle varie proposte per risolverlo si occupa il Consiglio comunale il 18 dicembre 1874. Di questa discussione viene dato conto sulla "Gazzetta Piemontese" del 20 dicembre:
Ferraris.
Nella sala di lettura sonvi, a tener bene stipati i lettori, appena 88 posti: aggiungendovi quelli che trovan posto nella sala riservata ai disegnatori ed alla direzione, e che non son più di otto o nove, si giunge a mala pena al centinaio; perciò nelle sedute serali, nel mutarsi eccessivo di lettori e col far loro posto anche nella corsia centrale si possono accogliere 150 a 160 studiosi: più di 50 sono licenziati ogni sera per mancanza di posto Quest’angustia si fa sentire gravemente anche nelle sedute festive, alle quali accorrono coloro che negli altri giorni sono trattenuti da occupazioni della loro arte o del loro mestiere. Manca lo spazio necessario per dare a studio o copiatura i modelli di macchine, i disegni di mobili, di industria artistica de’ quali gli operai fanno premurosa ricerca. Ora a confronto di questo inconvenient
e che produce un danno, di fronte al crescere costante e continuo del numero de’ lettori è d’uopo il provvedere onde non si contrasti alla tendenza di istruirsi che questo sempre più numeroso accorrere alla biblioteca dimostra essere vigorosa e generale. Quindi ne viene la necessità di provvedere all’ampliazione del locale. Quest’ampliazione è indispensabile anche perché si possano alloggiare i libri di cui si va arricchendo la biblioteca. A mala pena e mediante espedienti temporari si poté alloggiare la libreria del Mella: altre librerie vennero mandate in dono e non si ebbe più il mezzo di ordinarle e di catalogarle, al che i libri furono accumulati in un canto come meglio fu possibile il fare e colà giacciono inutili. Questi fatti suonano un rimprovero per noi, avvegnaché se in altri tempi poteva aversi il dubbio che la nuova istituzione attecchisse, ora invece abbiamo irrecusabili prove che la biblioteca non solo serve, ma è insufficiente ai bisogni della popolazione.
Sindaco. Il problema di trovar un locale abbastanza ampio e ben adatto per la biblioteca è molto arduo a definirsi. Molto si cercò, molti studi si fecero, ma sinora senza risultato utile. Si propose dapprima di trasferirla nei locali del palazzo di Porta Palatina: il progetto fu tosto eliminato essendosi riconosciuto che quel locale non servirebbe a tale destinazione e che in ogni modo è meno ampio di quello che la biblioteca occupa attualmente. Si pensò allora a formare una nuova sala col chiudere a vetrate il terrazzo che dà accesso alla biblioteca, ma si riconobbe che questo provvedimento non basterebbe e che dopo poco tempo sarebbe stato necessario il ricorrere a nuovi
ripieghi. Gli studi intrapresi si continueranno, e la Giunta sarà sempre disposta a favorire l’’incremento d’un’istituzione utilissima e che fece così bella prova.
Ferraris. La chiusura a vetrate del terrazzo sarebbe disimpegno e sollievo, specialmente col far posto pei disegnatori che ora, in scarsissimo numero, trovano posto in una sala angusta e di poca luce. Ma sarebbe rimedio insufficiente. Non approverebbe il progetto di allontanare dal palazzo civico la biblioteca e crede che il migliore, più efficace e più pronto provvedimento sarebbe di cedere alla biblioteca la gran sala detta del Vicariato, ove trovasi ora uffizi trasportabili facilmente in sedi anche meglio adatte ai loro servizi.

Nel marzo 1875 la questione torna in Consiglio comunale: Il Sindaco spiega che dalla Giunta fu adottato il progetto di chiudere con vetri la galleria di fondo del cortile del palazzo civico. Detto temperamento che ha carattere provvisorio fu mandato sottoporsi al preavviso della prossima Commissione del bilancio. Frattanto si studierà il modo di collocare la biblioteca civica in qualche più ampio locale all’infuori del palazzo municipale.
Il consigliere Ferraris (Pomba assente perché ammalato) replica al Sindaco di considerare negativamente la possibilità di spostare la biblioteca fuori dal Palazzo comunale (in questo probabilmente d’accordo con Pomba).
Non pare esistano quindi soluzioni definitive: non la chiusura della galleria con una vetrata, che rappresenterebbe un semplice palliativo, e nemmeno l’utilizzo della sala detta “del Vicariato”, che secondo Ferraris è occupata da uffici che possono trasferirsi altrove e può sì dare un po’ di respiro, ma non essere risolutiva.

Non seguono a questo dibattito azioni concrete, pertanto il problema continua ad aggravarsi a causa dell’aumento dei lettori e dei libri donati o acquistati.

Il 14 dicembre 1875 sulla "Gazzetta Piemontese" appare il sunto del dibattito avvenuto il giorno prima in Consiglio comunale sull’argomento, dibattito a cui questa volta partecipa anche Pomba.
Ricorda come più volte siasi riconosciuta ed affermata la necessità urgente d’ingrandire i locali della biblioteca, divenuti insufficienti per il grandissimo numero dei lettori che vi accorrono. La Commissione della biblioteca deliberò su questo punto ed in seguito a questo suo voto il terzo ufficio presentò una relazione in conseguenza della quale l’ufficio d’arte allestì un progetto di chiusura del terrazzo, corredandolo di tutti i calcoli necessari. Sa che trattasi di sopperire al bisogno con opera grandiosa, ma essa non è attuabile se non fra qualche anno ed intanto l’urgenza stringe. Chiede quindi che si sottomettano al Consiglio le relazioni fatte ed i progetti già allestiti.

Sindaco. L’ampliamento della biblioteca fu riconosciuto necessario e di esso già si occupò diverse volte il Consiglio e se ne occupa frequentemente la Giunta. Ma il tradurre il desiderio in pratica attuazione non è cosa facile come può parere a chi si occupi d’un solo degli uffizi municipali; difficile risulta invece all’Amministrazione che deve contemplare tutti i servizi e provvedere a tutti.
In questioni di distribuzioni di locali non si può procedere per proposte isolate, ma è necessario che il concetto generale si concreti in proposta complessiva e coordinata. Il procedere altrimenti sarebbe affatto irregolare e darebbe luogo all’inconveniente che provvedendo ad un servizio si potrebbe danneggiare un altro non meno necessario o che la concessione di nuovo locale ad uffizio ridondasse a danno di altri che pur abbisognano, ed urgentemente, di aver più ampi locali. Si studiò e tuttora si stanno studiando in modo più particolareggiato, i mezzi di provvedere a tutti. In tale stato di cose non è possibile il presentare, stando nella regolarità, una proposta isolata al Consiglio. Il consigliere Pomba si accontenti per ora che i progetti si sottomettano alla Commissione e che la Giunta continui i suoi studi per ottenere un lavoro compiuto e coordinato.

Pomba. Insiste nella sua domanda osservando che il sito che trattasi di occupare non si distrae da alcun altro ufficio, né potrebbe servire ad altro servizio che a quello della biblioteca. La Giunta presenti al Consiglio le pratiche ed i progetti che già esaminò.

Il 20 dicembre 1875, in sede di discussione del bilancio per il 1876, nonostante l’annuncio fatto dal Sindaco del possibile acquisto da parte del Comune di beni immobili di proprietà del Governo che, in prospettiva, potrebbe rappresentare per la biblioteca la definitiva soluzione ai problemi di spazio e che, quindi, renderebbe inutili per il momento le spese per ampliare le sale e chiudere la galleria con le vetrate, il consigliere Pomba ripropone l’interpellanza con le medesime osservazioni sull’urgenza dei lavori per l’ampliamento della biblioteca.

Le parole di Pomba non rimangono comunque inascoltate: circa un mese e mezzo dopo, nel prosieguo della discussione, il Sindaco si esprime chiaramente sulla necessità di provvedere, almeno in via provvisoria, all’ampliamento del locale della civica biblioteca, ampliamento divenuto oramai indispensabile sia pel gran numero di lettori che seralmente vi affluiscono e dei quali molti non possono trovar sito, sia per potere collocare ed ordinare circa sei mila volumi che ora giacciono accatastati per mancanza di spazio.
In sostanza, secondo Pomba occorre agire immediatamente e non affidarsi a una soluzione incerta e dai tempi prevedibilmente molto lunghi. Così egli prosegue: A tal oggetto il riferente propone di aggiungere per uopo della biblioteca alcuni locali già appartenuti al Comando della Guardia nazionale ai quali si darebbe mezzo mediante un ponte provvisorio sopra la sala di ripetizione della musica la biblioteca verrebbe così ad acquistare con una spesa relativamente lieve tre nuove sale oltre ad un locale per ufficio del direttore ed altro per uso di magazzino, di guisa che verrebbe posta in grado di meglio soddisfare per alcun tempo alla esigenza per cui venne fondata. Il 16 febbraio 1876 il Consiglio comunale approva le spese per realizzare gli ampliamenti proposti.
Giuseppe Pomba, da tempo ammalato, morirà a Torino qualche mese dopo, il 3 novembre 1876.


Torniamo alla Relazione del direttore Sassi pubblicata nel 1875. Le considerazioni in essa contenute sul problema dello spazio insufficiente permettono di cogliere la percezione della situazione dal punto di vista “interno”. L’autore affronta il problema nei due ultimi capitoli dell’opera: nel IV, dedicato ai dati statistici, e nel V, in cui si tratta della mission della biblioteca.

Dal capitolo IV. A proposito dei dati riguardanti il numero medio dei lettori per ogni seduta negli anni 1869-70-71-72-73, dati in continua crescita, l’autore dichiara: Qualora si vogliano confrontare queste cifre col numero dei posti che la grande sala può contenere, si vedrà come l’ampiezza della sala medesima sia appena sufficiente a tanto numero di studiosi, e insufficiente affatto lo si dirà allorquando si sappia che, specialmente nelle sedute serali, molti sono obbligati a starsene in piedi e molti più ad allontanarsi dal luogo di studio, non trovandovi più posto ... Sono numeri che potrebbero di gran lunga essere superiori quando fosse maggiore l’ampiezza delle sale ... Il numero di lettori raggiunto, ben più elevato di quello delle maggiori biblioteche civiche italiane, potrebbe aumentare ancora accrescendo il numero dei tavoli e dei sedili, cosicché non si fosse le tante volte obbligati a rimandare dalla biblioteca turbe di operai che chiedono e non possono, per mancanza di spazio, ottenere l’ingresso.

Dal capitolo V. Alla biblioteca aumentata d’importanza e di ricchezza non bastano più le sale che le furono destinate. Gli scaffali che già ricoprono tutte le pareti non sono più sufficienti al numero di libri, avvegnachè in una biblioteca ogni giorno crescente per nuovi doni non si possano occupare d’un tratto e con libri di varia natura i vani lasciati per ogni categoria senza incorrere ad ogni tratto in nuovi lavori di ordinamento lunghi e malagevoli e che non mancano d’inceppare il pubblico servizio; oltre a ciò neppure è sufficiente ai lettori il numero dei posti, cosicché, lo ripetiamo, si è nella dura necessità di dovere, specialmente nelle sedute serali e festive, respingerne le molte decine che non possono più capire nella sala.
Per ovviare tanto all’uno quanto all’altro inconveniente, la Direzione ha già fatto tutti gli sforzi. Abbiamo già accennato come si siano occupate persino le cornici coi libri di teologia, affinché rimanesse spazio ai più ricercati. Si distribuirono quindi gli altri negli scaffali lasciando per ogni categoria un piccolo spazio destinato ai libri che potessero sopraggiungere; ma coi due cospicui doni della libreria Dal Pozzo e di quella del senatore Alfieri il numero dei volumi giunse a tale che gli spazi non sono più sufficienti, e perché potessero trovar posto nelle scansie sarebbe necessario toglierne altri, riformare la numerazione, cambiar la classificazione dei piani e degli scaffali, fare insomma un lavoro lungo, malagevole, che disordinerebbe i cataloghi già esistenti e ritarderebbe indefinitamente la compilazione dei cataloghi sistematici dei quali si sente vivissimo bisogno.
Per altra parte, onde accogliere precipuamente i lettori di libri d’arte e di scienza si dovette restringere la distribuzione alle sole opere che trattano tal materia, sospendendo nelle sedute serali la distribuzione dei libri di amena lettura.
Queste misure, il lettore per sé lo può vedere, non sono che palliative; diremo di più, la seconda fu presa a malincuore dalla
Direzione della Biblioteca, la quale considera altamente morale e proficua una istituzione che possa raccogliere alla sera il maggior numero possibile di operai nella quiete di una lettura che per scienza o per diletto può sempre riuscire giovevole od educatrice.
Doppia pertanto la ragione che richiede istantemente l’ampliamento della Biblioteca: la mancanza cioè di spazio per collocare i libri e la insufficienza dei posti per lettori; avvegnachè, supponendo anche la Biblioteca destinata ai soli operai, nessuno avvi che non possa considerare insufficiente una sala che ne contiene soli 100, quando il loro numero, ogni giorno crescente, ascende già in Torino a meglio di 12.000. 
L’attuazione della proposta, già presa in considerazione, di chiudere con invetriata la galleria che precede l’entrata in Biblioteca, risponderebbe certo ai bisogni più urgenti; ma non sarebbe che un ripiego momentaneo, il quale, fra qualche anno, sarebbe ritenuto insufficiente e richiederebbe nuove proposte e nuove spese.
D’altra parte, mal si potrebbe con questo solo mezzo rendere più ampia la sala che serve all’arte del disegno, arte che va ogni giorno acquistando per noi una maggiore importanza; sia per la necessità che gli operai hanno di essa; sia perché da moltissimi di loro coltivata con affetto; sia infine perché ricca assai meglio forse di qualunque altra è la nostra Biblioteca in figure e libri e stampe che riguardano il disegno. Questo ramo specialmente richiama con urgenza le cure dell’Amministrazione comunale, la quale pure ha già fatto tanto colla istituzione delle scuole di disegno.

Mancando una sala con luce adatta per l’esame e la copia dei disegni, il nostro ricchissimo materiale artistico resta quasi inutile, ed invano, soventissime volte è ricercato dagli studiosi ... Il Sindaco, a nome della Giunta, ha annunziato come il proposito di ampliare la Biblioteca fosse continuamente studiato e come si sperasse di vincere le difficoltà incontrate.

1892

Passiamo a considerare le valutazioni del direttore Quintino Carrera sul mai risolto problema dell’insufficienza dello spazio riportate, nel 1892, nell'annuale relazione generale alla Commissione, La Biblioteca civica di Torino nel 1891: a fronte del costante aumento dei volumi (merito delle cospicue donazioni e dei numerosi acquisti) e dei frequentatori, la ristrettezza e l’inadeguatezza strutturale dei locali, vista da molteplici punti di vista, appare talmente grave da rendere evidente la necessità del trasloco in un edificio nuovo, piuttosto che puntare su ampliamenti “in loco” non risolutivi.
Non si tratta di novità: già da circa un decennio in seno alla Commissione è chiara la consapevolezza che la soluzione definitiva a questi problemi non può che essere un edificio nuovo, concepito “ad hoc”.

Scrive il direttore: La benemerita Commissione esaminò e discusse ampiamente e ripetutamente l’importante e capitale questione del trasloco di essa, e pur prendendo atto dei progetti allestiti per migliorarne ed ampliarne la sede attuale, persuasa che l’esecuzione di tali progetti non risolverebbe in modo definitivo la questione e tosto o tardi ritornerebbe in campo la necessità del trasloco della Biblioteca, conchiuse sempre le sue discussioni esprimendo l’avviso, che solo con la costruzione di un nuovo edifizio o con la trasformazione radicale di un edifizio esistente se ne possa ottenere l’ordinamento razionale secondo le norme che si seguono oggidì nell’ordinamento di siffatti istituti.

Il direttore passa a considerare i gravi inconvenienti che ... si lamentano nella nostra biblioteca:

Locali - distribuzione. Ed innanzi tutto manca nella nostra biblioteca una distribuzione adeguata dei locali, coordinata come dovrebbe essere a mio avviso al banco di distribuzione. Né di ciò, mi affretto a dichiararlo, si può muovere appunto ad alcuno, perché la Biblioteca attuale non fu costruita tutta in una volta e di sana pianta, ma è il risultato dell’aggregamento successivo di locali concessi dall’amministrazione man mano lo rendevano necessario doni di cospicue librerie. E di questo aggregamento di locali il mio predecessore non poteva, né io saprei trarne miglior partito di lui.

Aria e luce. Circa l’aria e la luce che in una biblioteca occorrono in copia grandissima, perché giovano non soltanto alla salute del pubblico accorrente e degl’impiegati, ma eziandio alla conservazione dei libri, osservo che la nostra Biblioteca è allogata tra cortili, salvo la parte prospettante la ristretta via Bellezia, e d’aria e di luce ha deficienza. Nella stagione invernale sono rare le giornate in cui non si debba accendere il gas. Ma anche nella stagione estiva le sale A e B non godono si può dire quasi mai d’un raggio di sole, sono pur sempre poco illuminate ed hanno quindi un aspetto triste, tetro, tale da non invogliare certamente ad entrarvi e restarvi se non chi non ne possa proprio far a meno.
È canone ammesso da tutti i bibliotecari che la migliore esposizione di una biblioteca è quella di levante e ponente. La nostra ha, è vero, siffatta esposizione, ma in essa per mancanza di finestroni e perché quelli esistenti nelle sale A e B sono in parte otturati da scaffali e da una galleriia pesantissima di legno che gira tutt’attorno, regna quasi sempre una penombra e nulla havvi di più dannoso alla vista ed in genere alla salute che di leggere in consimili ambienti.

Altezza delle sale
. Né l’altezza delle sale di lettura è sufficiente. Quindi avviene che nella stagione invernale, quando è maggiore il concorso del pubblico, anche spalancando le finestre alla mattina prima che la Biblioteca si apra al pubblico e nel pomeriggio dopo che il pubblico ne è partito, lasciandone alcuna aperta anche durante la notte - il che a rigore non si dovrebbe fare perchè l’aria notturna per lo più umida nuoce ai libri - pure bene spesso l’aria nella Biblioteca è pesante e vi si sentono cattivi odori. Ma intanto chi è addetto alla Biblioteca e vi deve lavorare anche quando non c’è più il pubblico, con quelle finestre continuamente aperte e le correnti che vi si formano, soffre il freddo ed è esposto a prendersi malanni.

Lavabo. In una biblioteca essenzialmente popolare come questa sarebbero indispensabili lavabo, ma in essa non vi è neanche il posto per collocarli.

Illuminazione - Riscaldamento - Cautele contro gli incendi. L’illuminazione è fatta a gas con pericolo continuo di incendio. Nelle mura perimetrali della Biblioteca sonvi le canne dei camini degli uffizi municipali sottostanti e canne di caloriferi: il che non dovrebbe essere. Il riscaldamento infine non si può ben regolare, perché un solo calorifero serve per la biblioteca e per altri locali.
Finalmente per evitare pericoli d’incendio e pei casi d’incendio si presero da me d’accordo coll’egregio Comandante delle Guardie-fuoco quei provvedimenti che allo stato delle cose e nella precarietà della permanenza della Biblioteca in questi locali potevano sembrare opportuni; ma siamo lungi da quel complesso di rigorose cautele che occorrerebbero per assicurare contro tali pericoli un istituto di tanto valore.


Accessi alla Biblioteca. Passando a parlare degli accessi alla nostra Biblioteca noto che sono due: uno dalla loggia al primo piano in fondo al cortile centrale, l’altro dalla galleria che conduce all’uffizio dello Stato civile; ma nessuno mette direttamente, come dovrebbe, a mio avviso, al banco di distribuzione. Ne conseguita, che impiegati ed inservienti degli altri uffizi municipali, editori, legatori, fattorini, ecc., entrano di continuo nelle sale, dove sono depositati i libri, e le attraversano senza che praticamente sia possibile esercitare sovra essi una seria, non interrotta sorveglianza. Nessuno dovrebbe poter entrare in una Biblioteca salvo facendo capo al banco di distribuzione. E per ricevere le persone con cui hanno da conferire di cose attinenti il servizio, dovrebbe esservi a disposizione degli impiegati presso il banco di distribuzione stesso un gabinetto.


Banco di distribuzione. Ma il difetto capitale dell’ordinamento della nostra Biblioteca sta in ciò che non solo il pubblico per recarsi al banco di distribuzione, che si trova in capo alla sala più ampia, quella già accennata A, attraversa la sala stessa una prima volta per andare a far richiesta del libro ed una seconda per uscire dopo averlo restituito, ma gli impiegati addetti alla distribuzione devono attraversare la sala stessa una prima volta per andare a prendere i libri nelle sale H, I, L, M, N; una seconda volta per portarli al richiedente al banco di distribuzione ed una terza infine per andarli a ricollocare nelle suddette. Cosicché nella sala A è un continuo andirivieni di lettori, d’impiegati e d’inservienti con quale disturbo degli studiosi è facile immaginare. Si aggiunga che tale andirivieni è accresciuto anche pel seguente fatto.
Presso il banco di distribuzione oltre il catalogo alfabetico si sarebbe dovuto collocare anche il catalogo per voci. Ma ciò non fu e non è possibile, perché presso il banco di distribuzione manca assolutamente lo spazio, e non fu né è possibile per la stessa ragione di collocarlo almeno in qualcuna delle sale vicine al banco, ma fu giuocoforza collocarlo nella lontana sala L. E così per esaminare detto catalogo, siccome occorre spessissimo, impiegati e richiedenti devono lasciare il banco e recarsi fino in quella sala.

Accesso alle sale di lettura B, D ed E. Ma v’ha di più. Per l’aumentare successivo del concorso del pubblico si destinarono a sale di lettura oltre la gran sala A anche quelle B, D ed E. Ma per recarsi nelle dette sale il pubblico bisogna che passi dietro il banco di distribuzione, che, come ho accennato, si trova in capo alla sala A, e quindi bene spesso, massime alla sera, succede che i distributori si trovino attorniati dal pubblico, il che non è certamente regolare. E tutto ciò mentre il banco di distribuzione dovrebb’essere come una barriera insuperabile tra il pubblico e le sale di deposito dei libri.


Sala D pei disegnatori. Qui di passo noto che la sala D è specialmente destinata ai disegnatori; ma in essa non possono trovar posto più di dodici persone, il che non corrisponde certamente ai bisogni della ragguardevole classe di quelli che fanno studi artistici nella nostra città.

Sorveglianza dei lettori. Tutti quei lettori sparpagliati nelle sale stesse dove si trovano gli scaffali dei libri, dai quali - eccettuata la sala A - non sono separati da alcun riparo - e si vi si mettessero ripari si ridurrebbe di troppo lo spazio utile pei lettori - tutti quei lettori no si possono sorvegliare agevolmente, e lo confesso, mi danno non poco da pensare, giacché se nella nostra Biblioteca vi ha qualche vecchiume di poco valore, tra i libri moderni, specie tra quelli che trattano di scienze, arti ed industrie, ve ne sono molti di gran pregio, e sarebbe vivamente da deplorarsi che ne fosse sottratto qualcuno.

Libri
. Quanto ai libri i risultati degli inventari dell’ultimo decennio fanno prova del continuo e ragguardevolissimo loro aumento, il quale, è d’uopo confessarlo, anziché agli acquisti fatti coi fondi stanziati in bilancio si dovette per la massima parte alle liberalità sempre crescenti di benemeriti cittadini.
Ora all’allogamento di tutti questi libri, tra i quali sonvene molti preziosi e di gran valore, come si provvide? Collocandoli non solo negli scaffali esistenti contro le pareti in tutte indistintamente le sale e così anche in quelle A, B, D, ed E destinate ai lettori ed ai disegnatori, ma anche in scaffali tramedianti alcune sale come quelle C ed F e ad una distanza gli uni dagli altri quanta è strettamente necessaria perché chi si reca a prendere od a ricollocare a posto i libri, possa passare. Gli scaffali poi addossati alle pareti delle diverse sale si dovettero elevare, sempre per mancanza di spazio, fino alle volte e così ad un’altezza da sei a sette metri.
E qui notisi che per accedere ai diversi piani di questi scaffali noi adoperiamo ancora scale a mano, sistema pericoloso, incomodo, abbandonato in tutte le biblioteche moderne bene ordinate, nelle quali contro gli scaffali sono collocati torno torno a conveniente distanza l’uno dall’altro dei ballatoi, a cui si accede mediante comode scale fisse e da cui si possono prendere i libri senza che occorra alcun sussidio.
E dopo tutto noi siamo ridotti al punto, come feci più volte osservare agli Assessori ed alla Commissione per la Biblioteca che se ci fosse donata una nuova libreria di qualche entità, non sapremmo assolutamente dove collocarla. E ciò non solo, ma pel collocamento delle pubblicazioni in corso e dei nuovi libri che si acquistano, dobbiamo ricorrere ad espedienti, che non possono approvarsi da un bibliotecario coscienzioso.
Ora non è supponibile che il Municipio voglia da ora innanzi rifiutare i doni, tanto più quando hanno, come per es. la libreria legataci dal compianto Conte Ballada di S. Robert, un grande valore; né per altra parte il Municipio può esimersi, coll’avviamento che ha preso questa Biblioteca, dal procedere all’acquisto di certe opere, quando concorrono direi quasi ad imporglielo il valore intrinseco ed anche la novità di esse, la fama dell’autore, le richieste incessanti e giustificate degli studiosi, il decoro infine dell’Istituto. Ne conseguita quindi, che anche da questo lato appare manifesta la necessità di trasferire l’Istituto stesso in una sede, che gli permetta nell’avvenire e per una lunga serie di anni quell’incremento che ebbe costantemente nel passato.

Lettori. Quanto infine al concorso dei lettori, la statistica dell’ultimo decennio prova due cose: che la Biblioteca Civica risponde col suo indirizzo speciale ad un vero bisogno della cittadinanza e che questa passa sopra ad ogni disagio ed inconveniente per poter consultare quelle opere che trova
solo nella Biblioteca stessa.
Ora quando in una popolazione c’è una tendenza così spiccata e così lodevole allo studio, non è forse cosa dolorosa di non poterla ampiamente assecondare, anzi di dover talvolta interdire l’ingresso a chi vi richiede un libro, la vita intellettuale? E data una simile tendenza, quali risultati non si potrebbero conseguire, se invece di una piccola biblioteca in cui non più di cento cinquanta persone possono trovar luogo col massimo disagio, se ne istituisse una che serbando l’indirizzo presente di favorire cioè lo studio delle scienze applicate alle arti ed alle industrie e di fornire cognizioni utili alla classe operaia (Art. 1 del Regolamento), rispondesse alla entità della popolazione della nostra città, non che alle esigenze dell’igiene e presentasse quelle modeste comodità che occorrono in consimili pubblici ritrovi?
Studiosi d’ogni classe vi accorerebbero certo numerosissimi e quindi pienamente giustificate sarebbero le spese che si farebbero per la costruzione ed il mantenimento di essa; e sarebbero tanto più giustificate in quanto che la sede presentemente occupata dalla Biblioteca potrebbe utilmente adoperarsi per altri servizi municipali, a cui si attende ora con disagio nei locali loro destinati.
Ed intanto con l’istituzione di questa nuova biblioteca il Municipio di Torino, che fu sempre il municipio delle grandi iniziative, che con tanta larghezza sovvenne e sovviene ad ogni ramo d’istruzione, compresa quella superiore - e ne fa prova il concorso da esso dato per l’erezione dei nuovi edifizi universitari - provvederebbe nel campo dell’istruzione e dell’educazione popolare al compimento dell’opera gloriosa a cui attende da tanto tempo, con tanto plauso e con esito così favorevole.
Furono queste le considerazioni principali che indussero la Commissione ad esprimere il voto sovra riferito, di cui auguro non lontana l’attuazione.

1893

L’assessore Costanzo Rinaudo pubblica nel 1893 una relazione dal titolo Sul trasferimento della Biblioteca civica. La relazione prende le mosse dall’approvazione in Consiglio comunale, con voto quasi unanime, in data 30 dicembre 1892, del trasferimento della Biblioteca e del relativo stanziamento di lire 100.000.
Scrive Rinaudo: Con tale voto il Consiglio incoraggiava la continuazione degli studi, affinché si potesse in tempo più propizio riprendere l’esame particolareggiato della questione e adottare concreti provvedimenti sulle modalità di trasferimento e della spesa.
Questa relazione mira appunto a porgere gli elementi per una deliberazione matura e ponderata È intento mio di svolgere obbiettivamente soltanto i punti che più direttamente concorrono allo scioglimento della questione.
E questi possono ridursi ai seguenti:

1° Opportunità di una Biblioteca Civica di carattere popolare;
2° Incremento del patrimonio della nostra Biblioteca;

3° Importanza del numero dei lettori e continuo aumento;
4° Descrizioni delle condizioni presenti della Biblioteca;
5° Proposte varie di trasferimento non accolte;
6° Progetto ora presentato e calcolo della spesa;
7° Considerazioni.

Si riportano di seguito brani relativi ai punti 5°, 6° e 7°, precisando che nel punto 4° Rinaudo riassume brevemente la descrizione contenuta nella relazione La Biblioteca civica di Torino nel 1891 del direttore Quintino Carrera, sopra descritta.

Punto 5° Proposte varie di trasferimento non accolte. Da una decina d’anni almeno la benemerita Commissione per la Biblioteca studia progetti per dare alla Biblioteca sede conveniente. E a questo proposito ricorderò: che in seduta 18 gennaio 1884 si occupò dell’acquisto dell’edifizio, in cui aveva sede l’Ospedale Mauriziano in via Basilica, per trasferirvi la Biblioteca, ma poi riconobbe che solo la costruzione di un apposito edifizio risolverebbe incontestabilmente il quesito nel modo più decoroso ed acconcio; che in seduta 7 gennaio 1888, riconoscendo nuovamente la necessità di un trasferimento della Biblioteca, si deferì lo studio delle varie proposte emesse al Presidente; che in seduta 10 gennaio 1889 si esaminò il progetto allestito dall’Ufficio dei lavori pubblici per trasferire la Biblioteca nell’edifizio comunale di corso Palestro, il qual progetto non si prese in considerazione, perché importava una spesa di più di 86 mila lire, senza che l’edifizio risultante corrispondesse ai bisogni della Biblioteca, e d’altra parte quell’edifizio si voleva destinare, come infatti poi si destinò, all’ampliamento del Museo merceologico; che in seduta 13 aprile 1891 la Commissione accolse la proposta di destinare a una nuova sede della Biblioteca un’area di proprietà municipale in via quattro Marzo; proposta poi lasciata in disparte, perché l’edifizio progettato dall’Ufficio dei lavori pubblici su tale area importava una spesa di lire 180 mila per soli 100 mila volumi e 230 lettori; che in seduta 3 luglio 1891, dopo essersi lungamente discussa la proposta di acquisto di un’area nella via Pietro Micca senza poter addivenire a positive conclusioni, si decise, visto l’incalzante bisogno, di far allestire un progetto di ampliamento della sede attuale.
Nella seduta del 9 novembre 1891, esaminati due progetti d’ampliamento preparati dall’Uffizio tecnico d’accordo col Direttore della Biblioteca, la Commissione fece buon viso al secondo, in quanto arrecava alcuni miglioramenti alla presente condizione; ma, considerando che per sì scarsi vantaggi calcolavasi la spesa di L. 50 mila, che poi sarebbe salita a L. 100 mila per pigioni cessanti e per riordinamento degli altri locali, conchiudeva esprimendo l’avviso, che solo con la costruzione di un nuovo edifizio o con la trasformazione radicale di un edifizio esistente si possa ottenere l’ordinamento razionale della Biblioteca secondo le norme che si seguono oggidì nell’ordinamento di siffatti istituti. In coerenza a tale deliberazione la Commissione nella seduta 11 marzo 1892 approvava la stampa e la distribuzione ai Consiglieri comunali della relazione del Direttore, nella quale, dimostrati gli inconvenienti della Biblioteca attuale, si riportava il voto emesso dalla Commissione, e si esponevano le considerazioni, che a tale voto l’avevano consigliata.
Per secondare il voto ripetuto e costante della Commissione era d’uopo un luogo ed edifizio adatto allo scopo. A più riprese fu interrogata la Giunta per vedere, se fra gli edifizi di proprietà comunale non ve ne fosse alcuno di facile trasformazione. Dopo molte indagini alla fine si riconobbe potersi benissimo adattare a sede della Biblioteca civica e per lo spazio occupato e per la sua centralità l’edificio dell’ex Distretto militare in via Arsenale n. 7, 9 e 11, tra le vie S. Teresa e Alfieri, passato in proprietà del Municipio fin dal 13 novembre 1885 e rimasto disponibile fin dal 14 dicembre 1891. La Giunta e la Commissione fermarono la loro attenzione sopra detta edifizio e iniziarono gli studi relativi.

Punto 6° Progetto ora presentato e calcolo della spesa. Il Direttore della Biblioteca fu incaricato d’indicare le norme che si dovevano seguire nella costruzione e nell’ordinamento della nuova Biblioteca ed egli riferì con molta chiarezza e precisione come si dovesse a suo avviso disporre e scompartire l’edifizio ed a quali precipue condizioni le singole parti di esso dovessero corrispondere.
La accurata relazione del Direttore fu pienamente approvata dall’Amministrazione e trasmessa all’Uffizio dei lavori pubblici il 17 novembre u.s. Il quale Ufficio ad attuare il sistema proposto dal Direttore riconobbe anzitutto doversi l’edifizio per la nuova Biblioteca erigere di sana pianta. Fu scelto l’ultimo dei sei progetti elaborati: leggendo l’accurata relazione tecnica ed esaminando le tavole dei disegni ciascun Consigliere si formerà un’idea adeguata dell’importanza dell’edifizio, che trattasi di costruire e della spesa relativa. Il parere favorevole concorde di tanti reputati ingegneri mi dispensa da qualsiasi considerazione sul valore tecnico dell’opera ma forse non sarà fuori di proposito riassumere i vantaggi che tale edifizio ci assicura, e brevemente ragionare della spesa relativa.
Noi avremo una Biblioteca civica in sede centralissima, staccata dal palazzo comunale, ma non molto distante. Costruita secondo i più perfetti metodi moderni, riscaldata con speciale apparecchio, illuminata a luce elettrica, difesa contro i pericoli dell’incendio offrirà sicurezza, comodi, igiene e decoro. Capace di oltre 540 mila volumi, potrà per molti anni ospitare i doni e gli acquisti, che cresceranno senza dubbio in proporzioni assai più rilevanti che pel passato. Atta ad accogliere contemporaneamente 577 persone, darà il mezzo ad una frequenza quotidiana di non meno 1200 lettori. Destinata specialmente ad operai e studenti, di cui possono capire ben 403 nel gran salone, offrirà sale speciali ampie e comode per i disegnatori e per le lettrici, oltre ad una sala riservata. La spesa complessiva calcolata è di Lire 713.500, ma, secondo l’assessore, si ridurrebbe, grazie a vari risparmi, a 235.000 (di cui 100 mila già stanziate nell’esercizio del 1893), senza però nascondere le accresciute spese di manutenzione.
È opportuno però avvertire, che il nuovo edifizio renderà possibile l’organamento di una Biblioteca circolante E solo col trasferimento della Biblioteca civica in un edificio ampio, comodo e bene adatto sarà agevole organizzare accanto alle sale di consultazione una biblioteca circolante, sull’esempio, anche solo lontano, delle grandi biblioteche popolari dell’Inghilterra e degli Stati Uniti, i cui benefizi sociali sono incontestabili.

Punto 7° Considerazioni. Dall’esposizione fatta si rilevano tre punti omai fuori di contestazione:
1° Che l’istituzione d’una Biblioteca civica in una grande città, fornita d’una sola Biblioteca nazionale ad uso specialmente scientifico, sebbene non richiesta dalla legge, è opera altamente civile;

2° Che lodevole fu quindi il fondare e promuovere nella nostra città una Biblioteca municipale, dirigendola specialmente a intento popolare;
3° Che il difetto originario dei locali assegnati alla nostra Biblioteca e il suo meraviglioso sviluppo in libri e lettori rendono necessario un trasferimento, anche in considerazione del bisogno urgente di locali per parte dell’Amministrazione per i suoi servizi interni.

E che questi tre punti siano incontestabili, n’è prova e suggello il voto quasi unanime del Consiglio in seduta 30 dicembre u. s.
Rimangono da esaminare tre punti, sui quali è ancora possibile la contestazione:

1° Non si potrebbe raggiungere lo scopo, a cui mira il trasferimento della Biblioteca, con un semplice adattamento dei locali presentemente occupati, secondo il progetto già elaborato dall’Ufficio dei lavori pubblici, limitando così la spesa a cento mila lire?
2° Quando il trasferimento fosse giudicato affatto indispensabile, non si potrebbe scegliere sede diversa da quella che è stata segnalata nella relazione?
3° La spesa per l’esecuzione del progetto presentato non è superiore alla potenzialità del bilancio nostro e al profitto che possiamo riprometterci dalla Biblioteca?

Alla prima domanda già rispose la Commissione della Biblioteca, quando furono sottoposti alla sua approvazione i progetti di ingrandimento del nostro Ufficio tecnico. - Riassumerò le osservazioni. - Se si accogliesse tale progetto, si otterrebbero senza dubbio alcuni vantaggi sulla condizione presente della Biblioteca, in quanto che sarebbe migliorata la posizione del banco di distribuzione, si sostituirebbe ad alcune sale incomode, ristrette ed oscure, un salone più ampio, meglio aerato ed illuminato, si guadagnerebbe un po’ di spazio per la collocazione dei libri e si rinnoverebbe una parte del vecchio materiale ormai inservibile. Ma si priverebbe definitivamente il Municipio della disponibilità di locali, che gli sono divenuti indispensabili per i servizi interni, i quali non potrebbero, senza gravissimo incomodo, allontanarsi dal Palazzo municipale; non si rimuoverebbero molti dei lamentati inconvenienti, come il pericolo d’incendio, le condizioni antigieniche di parecchie sale, la difficoltà della sorveglianza; non si provvederebbero spazi rispondenti alla quantità dei libri e alla frequenza dei lettori; e soprattutto si impedirebbe alla Biblioteca lò’espansione richiesta dal crescente bisogno d’istruzione pubblica.
Concludendo: la questione della Biblioteca sarebbe assopita per cinque o sei anni, per risorgere più vivace e imperiosa, lo che spiega il già ricordato voto della Commissione: che solo con un edifizio appositamente costruito o adattato si possa soddisfare alle esigenze della nostra Biblioteca civica.

Alla seconda domanda fu già implicitamente risposto in altra parte della relazione. Dal riassunto delle proposte e delle indagini della Commissione facilmente si rileva, come da un decennio si stia ricercando il locale desiderato, e come nessuno finora per ragioni varie abbia offerto condizioni accettabili fuori dell’edifizio di via Arsenale, ch’è proprietà municipale. Senza dubbio non è impossibile trovarne un altro, ma non pare prudenza attendere questa futura indicazione problematica, mentre un locale convenientissimo sotto ogni riguardo ci si presenta. Finora non ho inteso suggerire che due altri edifizi, cioè l’ex-Ospizio di carità ed il fallito Politeama.
Questi due edifici secondo l’autore non rispondono per vari motivi alle esigenze della Biblioteca, né richiederebbero un investimento finanziario minore rispetto a quello previsto per il progetto di un edificio nuovo, sicuramente migliore, in via Arsenale.

Prosegue l’autore: La terza domanda va analizzata nelle sue due parti.
Con l’operazione finanziaria il nostro bilancio ha preso un assetto più normale ed equilibrato, ed offre anche un residuo attivo annuo già destinato dal Consiglio ad opere pubbliche, che diconsi straordinarie, ma che sono essenziali alla vita ordinaria di una grande città civile, la quale non voglia rinunziare al progresso. Or bene, come mai 235 mila lire, quante effettivamente occorre spenderne per la nuova Biblioteca, urterebbero la potenzialità del nostro bilancio, quando si consideri che lire cento mila già figurano nell’esercizio del 1893, e le rimanenti 135 mila potrebbero ripartirsi in due esercizi successivi?

È assai difficile rispondere alla seconda parte del quesito, perché il profitto, che si ricava da una Biblioteca, va soggetto ad apprezzamenti variabilissimi secondo la varietà dei criteri. A me sembra di aver messo in rilievo in altra parte di questa relazione i notevoli vantaggi economici, intellettuali e morali che dalle Biblioteche popolari gli statisti, i sociologi e gli amministratori più oculati e previdenti ritengono potersi derivare, ma non oserei concretare in una cifra il benefizio per compararlo con l’onere della spesa. I Consiglieri del Comune di Torino nella loro saviezza sapranno trovare adeguata risposta al quesito.
Parmi, che la disamina dei tre punti contestati possa indurre il Consiglio ad accogliere il progetto che gli si presenta, ripartendo la spesa residua di L. 135 mila, se pur si crederà necessario, in due esercizi. Ad ogni modo il Consiglio or sa, che senza un provvedimento d’urgenza la nostra Biblioteca dovrebbe cessare di funzionare regolarmente per mancanza di spazio e per gli altri gravissimi difetti segnalati; e, siccome non può neppure dubitarsi che il Consiglio comunale di Torino voglia lasciar cadere o intisichire un’istituzione sì nobile e sì profittevole alla cittadinanza, così sono certo che le sue deliberazioni risponderanno alle alte sue tradizioni di oculata amministrazione e di sapiente progresso.

1895

Il progetto della costruzione dell’edificio per la nuova biblioteca in via Arsenale non ebbe seguito. Come andarono le cose lo comprendiamo leggendo l’introduzione storica alle vicende della biblioteca in Commemorazione di Giuseppe Pomba ricorrendo il centenario della sua nascita, commemorazione avvenuta il 17 febbraio nella nuova grande sala risultante dall’ampliamento dei locali.

Nel capitolo intitolato Trasferimento, dopo aver ricordato l’iter propositivo del progetto per l’edificazione del nuovo edificio in via Arsenale, riportato sopra, si dice, a proposito dei passaggi successivi: Se non che l’Assessore Rinaudo, tenuto conto della molteplicità, della importanza e dell’urgenza di altre questioni, la cui soluzione s’imponeva all’Amministrazione Municipale (fognatura, ponte sul Po, ecc.), non credette opportuno di sollecitare il voto della Giunta né tanto meno del Consiglio Comunale circa il progettato trasferimento, e la Commissione per la Biblioteca, in seduta 28 aprile 1893, ritenendo unanime doversi adoperare nel trattamento della pratica il massimo riserbo, si rimetteva alla nota prudenza e sagacia del suo Presidente circa la scelta del momento opportuno per provocare le deliberazioni della Giunta e del Consiglio sull’argomento in discorso. E qui la soluzione della pratica subì forzatamente una sosta.

Il discorso prosegue nel capitolo successivo, intitolato Ampliamento: Succeduto poi nell’Assessorato della Biblioteca al Rinaudo il Comm. ing. prof. Angelo Reycend avendo riconosciuto che in seno sia della Giunta, sia del Consiglio Comunale, persisteva una corrente sfavorevole alla idea di costruire una nuova sede per la Biblioteca e ciò specialmente per gravi considerazioni finanziarie, ritenne opportuno, se pur si voleva conseguire qualche cosa, di rimettere in campo un progetto già da lui ideato e promulgato, consistente nel chiudere con invetriata la galleria per cui si accede alla Biblioteca, collocarvi il banco per la distribuzione dei libri e ridurre ad un’unica e spaziosa sala di lettura il complesso dei locali occupati dalla Biblioteca e compresi nel braccio tra il cortile centrale e quello detto della Griotta, e ciò abbattendo due muri di tramezzo, sopprimendo gli ammezzati soprastanti, destinati ad abitazioni per inservienti, ed occupando i locali di un appartamento verso via Bellezia, locali che, mediante costruzione di una passerella, si porrebbero in facile comunicazione colle sale di lettura della Biblioteca e verrebbero occupati dagli uffici di essa e da magazzini librari … Con l’attuazione di questo progetto si sarebbero potuti accogliere 300 lettori, cioè 150 in più di quanti potevano allora capire, contemporaneamente seduti, nelle sale aperte al pubblico: nel solo nuovo salone da costruirsi troverebbero comodo posto 50 disegnatori e 50 lettori, e solo nei nuovi locali si sarebbero potuti allogare circa 40.000 volumi oltre quelli già posseduti dalla Biblioteca. Questi vantaggi non isfuggirono alla Commissione della Biblioteca, al cui esame venne sottoposto il progetto nell’adunanza del 18 dicembre 1893. La Commissione emise il parere: che tenuto conto dell’incremento che ha preso e che continuamente tende a prendere la Biblioteca Civica, si debba, o tosto o tardi, adottare un provvedimento definitivo circa la sua sede, provvedimento che non può essere che il trasporto della sede stessa in locali rispondenti all’importanza dell’istituto ed allo svolgimento delle funzioni che gli sono attribuite: provvedimento ripetutamente invocato e per il quale rinnova i voti altre volte espressi; che, in conseguenza, l’idea di mantenere la Biblioteca nella sua sede attuale, per quanto suffragata dall’aggiunta di una nuova sala di lettura, spaziosa e bene illuminata, e di altri locali secondari, non possa valere che come spediente temporaneo; che non di meno siffatto spediente sia accettabile non solo perché essendo esso suscettibile di immediata attuazione, fa cessare, senza ulteriori dilazioni, i gravi inconvenienti che si lamentano da troppo tempo, ma anche perché le progettate ampliazioni gioverebbero, in caso di trasferimento della Biblioteca, alla desiderata espansione di altri Uffici Municipali, e così mentre tale spediente non pregiudica in nessuna guisa l’avvenire, permettere di attendere con calma un periodo di maggior floridezza per risolvere con minor disagio la questione del trasferimento della Biblioteca.
Il Reycend presentava quindi alla Giunta il 28 dicembre 1893, e questa alla sua volta sottoponeva con voto favorevole al Consiglio Comunale il progetto di ampliamento, di cui si tratta, da eseguirsi mediate prelevamento della somma occorrente sul fondo di L. 100.000 già stanziato nel bilancio 1893. Il Consiglio in data 8 gennaio deliberava l’esecuzione di tale progetto. Non era l’ideale, ma era un grande miglioramento

L’ampliamento così deliberato nei primi giorni del 1894 ebbe piena esecuzione nel detto anno e solo alcuni lavori di finimento del nuovo salone si dovettero rinviare al principio del corrente 1895. Ad ogni modo il 17 febbraio corrente si poté commemorare nel nuovo salone, completamente allestito, il Comm. Giuseppe Pomba, benemerito promotore della Biblioteca.

1926

Nel maggio 1926 appare su "Torino rivista mensile municipale" un articolo dal titolo La Biblioteca civica, senza nome dell’autore ma probabilmente di mano del direttore Enrico Mussa, in cui, al primo capitolo in cui il consueto preambolo storico anticipa la descrizione dell’Istituto, segue un lungo secondo capitolo dedicato all’annoso problema della ristrettezza degli spazi e dell’inadeguatezza della sede presso il Palazzo civico. Si tratta di un riepilogo dei tanti progetti rimasti sulla carta e dei provvedimenti effettivamente adottati, a partire dal 1884, fino a giungere alla soluzione definitiva che, decisa da pochissimo tempo, sta per essere realizzata.
Scrive Mussa:
La questione relativa alla ristrettezza degli ambienti in cui è allogata la Biblioteca aveva, fin dal 1884, richiamato su di sé l’attenzione degli amministratori.
Questione grave e difficile soluzione sempre, o per la mancanza di locali adatti ad un ampliamento o per le ristrettezze di bilancio, che non consentivano di addivenire senz’altro al suo trasporto in un altro edificio, se non in un fabbricato di nuova ed apposita costruzione; ma questione immanente e di così sentita necessità che si ripresentava, a ripetizioni di brevi intervalli.
Nel 1888 e nel 1891 se ne ebbe a trattare: si presero anche determinazioni risolutive, ma circostanze avverse ne ostacolarono sempre l’attuazione.
Nel 1894, sacrificando i locali di alcuni uffici attigui, fu possibile un ampliamento: ma questo, nonché alle esigenze del tempo, non rispondeva neppure a quelle del prossimo futuro, tenuto conto del notevole sviluppo della Biblioteca; e mentre si privava il Municipio della disponibilità di locali indispensabili per la espansione di uffici importanti, pur essi in via di sviluppo, rimanevano il pericolo di incendio, le condizioni infelici di topografia interna, gli inconvenienti del riscaldamento e della illuminazione inadeguati, la mancanza di ambienti per sale di consultazione e per sezioni speciali, per le scaffalature occorrenti alle nuove accessioni; di più la Biblioteca continuò ad essere un cuneo inserito fra gli uffici interni, con tutti gli inconvenienti che naturalmente ne dovevano derivare.

Comunque, coll’ampliamento del 1894, la questione della sede della Biblioteca civica rimase assopita per pochi anni; ma a breve scadenza risorse più vivace ed imperiosa. La questione dei locali obbligò la Direzione all’uso di continui ripieghi, che aggravavano sempre più le infelici condizioni dell’ordinamento della suppellettile libraria.

Nel 1906 il senatore Chironi, assessore del ramo, propose all’Amministrazione di comprendere il trasporto della Biblioteca civica nel programma amministrativo di prossima attuazione, ma ogni deliberazione venne sospesa in attesa che si pronunciasse l’apposita Commissione incaricata di decidere sulla nuova sede della Biblioteca Nazionale. Col passare degli anni però l’idea, che intanto era stata prospettata di abbinare la Biblioteca civica colla Nazionale nell’edificio di piazza Carlo Alberto, volse al tramonto; ma risorse nel 1909 più chiara e precisa, tanto che si stanziò nel bilancio 1910 un primo fondo di L. 150.000 per il trasloco e il riordinamento della Biblioteca.
Con deliberazione del 29 gennaio 1910 la Giunta, per risolvere il problema, autorizzava il Sindaco ad aprire trattative col Governo per conoscere in modo preciso se la Biblioteca civica poteva allogarsi nella parte del palazzo di piazza Carlo Alberto, allora occupato dai Telegrafi dello Stato. Il senatore Chironi intanto manteneva vivo lo studio della questione, che diede luogo alla compilazione di un apposito progetto; l’Amministrazione rivolgeva pure l’attenzione al fabbricato civico dell’ex convento della Visitazione in via della Consolata; non trascurando di esaminare se non fosse all’uopo meglio appropriato un edifizio presso la Porta Romana (Porta Palatina) in luogo d’uno di quei fabbricati destinati ad essere soppressi per l’attuazione delle progettate opere di risanamento: ma in seguito parve più conveniente sede lo stabile detto dei SS. Martiri, di proprietà del Comune, in via Garibaldi. 
Senonchè nel frattempo intervenne la convenzione 18 aprile 1908 fra Governo e Municipio in base alla quale il Comune doveva trasformare i locali del Debito pubblico in via Bogino per collocarvi la Biblioteca Nazionale universitaria, salvo rimborso. Tale opera di adattamento non si era ancora iniziata perché era ancora in corso di allestimento il nuovo palazzo dell’Intendenza di Finanza in corso Vinzaglio. Sorse intanto il dubbio che il palazzo di via Bogino fosse troppo ampio per la Biblioteca Nazionale e che perciò una parte di esso potesse destinarsi alla Biblioteca civica.

In apposito convegno tenuto il 20 maggio 1912 fu riconosciuta, fra l’altro la possibilità di assegnare al Comune, come sede della Biblioteca civica, la parte di fabbricato fronteggiante la piazza Carlo Alberto. Il Consiglio comunale in seduta 28 novembre 1913 approvò tale allogamento e la relativa convenzione col Governo: e dell’allestimento del progetto definitivo venne dato incarico ad un architetto.
Ma nel 1914 scatenavasi la grande guerra: pur avendo la legge 28 marzo 1915, n. 456, approvata la convenzione che fu stipulata il 14 luglio, l’intervento dell’Italia nel conflitto delle Nazioni sospese l’ulteriore sviluppo della pratica. L’Intendenza di Finanza non traslocò in corso Vinzaglio se non nel dopo guerra, in maniera che il progetto dell’abbinamento delle due biblioteche in uno stesso edifizio finì col tramontare.

L’onore di risolvere il problema doveva toccare all’Amministrazione straordinaria del Comune, accintasi all’arduo compito con fermo intendimento. Infatti il Commissario aggiunto comm. Gorgolini presentava alla Commissione della Biblioteca, in seduta 17 febbraio corrente anno, un progetto sommario per l’adattamento dello stabile di corso Palestro, di proprietà municipale, che, occupato provvisoriamente dagli Archivi della Guerra e della Marina doveva rendersi fra non molto vacante pel trasloco di questi nei vecchi locali dell’ospedale di San Luigi.
Succeduto al dottor Gargolini il Commissario aggiunto comm. Avv. Giorgio Bardanzellu, questi ristudiò a nuovo la complessa questione sotto due aspetti per trarne una conclusione che rispondesse alla migliore soluzione.

Volle anzitutto persuadersi che fosse possibile - per un rispetto alle tradizioni ultra cinquantenarie - mantenere la Biblioteca civica nella sua sede attuale, ben inteso, assegnandole nuovi locali per sviluppare in modo degno i servizi in rapporto alle moderne esigenze. Prospettò l’idea di aggiungere ai locali attuali tutto il piano superiore ora occupato dai servizi d’igiene e ciò per guadagnare tempo e dare uno sfogo alla Biblioteca ormai congestionata in ogni sua parte, senza pregiudizio dell’altra soluzione più radicale, quella implicante l’utilizzazione dell’edificio di corso Palestro o di altro stabile.
La Commissione in seduta 11 luglio scorso aderì a tale concetto di prudenza amministrativa che tosto fu oggetto di minuzioso studio da parte della Direzione.
Senonchè un esame accurato dei locali occupati dai Servizi d’igiene dimostrò che essi non si prestavano a soddisfare le necessità della Biblioteca per la infelice disposizione topografica, che occorreva per i soli adattamenti una spesa di circa 200.000 lire, senza portare efficace rimedio alle deficienze attuali; che insomma tale sacrificio pecuniario non era proporzionato ai minimi vantaggi del momento. E d’altra parte la soluzione sarebbe riuscita precaria perché altri uffici premono per avere disponibilità nel palazzo civico ed a breve scadenza si sarebbe necessariamente dovuto ricorrere a nuovi ripieghi, ripetendo gli errori ed inasprendo i difetti di organizzazione che dal 1884 non si sono mai potuti sanare. Perciò si riprese in esame lo stabile di corso Palestro, ed un sopralluogo convinse che quel fabbricato può benissimo adattarsi alla Biblioteca civica.

Poiché tale soluzione radicale era ormai l’unica possibile, il Commissario prefettizio con deliberazione del 18 novembre 1925, decideva in tal senso, approvando il progetto ed i preventivi delle opere da eseguirsi per l’adattamento dei nuovi locali. La spesa complessiva è stata preventivata in lire 2.400.000 di cui un milione è stato già stanziato nel bilancio dell’anno corrente. Il provvedimento adottato, oltre ad assicurare alla Biblioteca una sede degna e capace per un lungo periodo di anni (che si può calcolare in due secoli circa), mette a disposizione dell’Amministrazione interna il complesso di locali nel palazzo civico, utilissimo per l’espansione di molti uffici, la cui necessità è da tempo sentita.

La nuova sede consentirà poi uno sviluppo di servizi veramente soddisfacente sia dal lato delle esigenze dei lettori, sia da quello delle necessità interne di ufficio. Così sono previsti dispositivi per la sicurezza contro i pericoli d’incendio (tramezzi stagni, trombe idrauliche, estintori automatici, segnali di allarme), impianti di riscaldamento ad acqua calda, l’illuminazione elettrica, i montacarichi, le scaffalature, ecc., mentre i lettori avranno comodità di tavoli, rimessa biciclette, servizio di guardaroba, ritirate, e si potranno istituire sale di consultazione, riservate, ecc. Le sezioni specializzate occuperanno particolari ambienti e costituiranno così dei preziosi centri di studi ben organizzati.
L’ubicazione è anch’essa felice essendo il corso Palestro a pochi passi dal Municipio con cui la Biblioteca sarà, per ogni evenienza, allacciata mediante uno speciale servizio di telefono. E poiché la città va sviluppandosi grandemente verso occidente, fra pochissimi anni il corso Palestro si rivelerà sempre più comodo per l’aumentata popolazione. Inoltre tre grandi istituti di istruzione media superiore si troveranno proprio a pochi passi, con grande vantaggio degli studenti.

Il progetto approvato dall’apposita Commissione, contempla una modificazione sostanziale del fabbricato, costituente un intero isolato fra il corso Palestro e le vie Cittadella, Perrone e Bertrandi, che copre una superficie di mq. 1275 circa: ma conserva nella sua totale integrità l’aspetto esterno dell’edificio.
Nell’interno, per ovviare all’incoveniente di locali non illuminati e male aerati verrà formato un cortile nel centro del fabbricato, di metri 9,60 X 10, in modo da fare così una illuminazione diretta ai vari uffici, scale, latrine e locali per la scaffalatura.
L’accesso alla Biblioteca si avrà dal corso Palestro, e sarà costituito da tre grandi porte.
Da un primo locale d’ingresso, attraverso tre grandi vetrate, si accederà ad un atrio assai vasto, a destra del quale sarà la sala riservata per le consultazioni e gli uffici del personale della Biblioteca. Dall’atrio si passerà allo scalone per il pubblico, largo due metri, che porta alle sale di lettura del primo piano.
Quivi è progettata la costruzione di una sala della distribuzione dei libri, di un grande salone di lettura per il pubblico, di metri quadrati 350, e di una sala per i disegnatori, di mq. 110 di area.
L’attuale tetto di legno del fabbricato sarà sostituito da una copertura ignifuga. A tale scopo sono state progettate delle capriate in ferro che permetteranno, ove occorra, la loro utilizzazione nella eventualità di una sopraelevazione dell’edificio, necessaria nel caso che la Biblioteca assumesse ulteriore incremento.
Nel progetto si è ottenuto lo scopo di dare alle sale di lettura una buona illuminazione e ventilazione direttamente dalle finestre, evitando di provvedervi a mezzo di lucernari che sono oramai in disuso nelle moderne biblioteche per i vari inconvenienti cui danno luogo. Si è pure provveduto a situare sia al piano terreno, sia al primo piano i locali per le scaffalature in modo che vengano ad essere sovrapposti, con facile scala di comunicazione, ed in diretto contatto colla sala di distribuzione dei libri, ciò per rendere più sbrigativo ed economico tale servizio, facilitato anche dai montacarichi di cui si è già parlato.

Una volta realizzato l’importante progetto, Torino che non solo fra le consorelle italiane, ma anche all’estero, gode fama, non usurpata di certo, per il modo esemplare con cui provvede ai pubblici servizi che la legge le affida, potrà esser fiera di avere, anche in questo campo, tutelato degnamente quel decoro che per talune istituzioni, soovratutto culturali, è elemento necessario perché la nobiltà ed elevatezza del loro fine non vengano ad essere menomate nella comune coscienza.

Per approfondire

Per il approfondire l’argomento si consulti la bibliografia sulla Biblioteca civica.

 

Testo di Gianfranco Bussetti (Ufficio Studi locali)