Valeria Tron a Leggermente, 12 giugno 2024

«Arriverò volando, e tu mi riconoscerai».
Valeria Tron è nata e vive in Val Germanasca. Illustratrice, cantautrice, artigiana del legno, restauratrice, scrittrice, è una donna dai molteplici talenti; ha esordito con il romanzo L’equilibrio delle lucciole (Salani, 2022), candidato al Premio Strega con la presentazione di Vivian Lamarque.
All’interno del progetto Leggermente ha presentato Pietra dolce alla Biblioteca civica Villa Amoretti.Il secondo romanzo di Valeria Tron racchiude una molteplicità di storie e personaggi che si intrecciano in modi inaspettati; vi sono due linee narrative (quella relativa al presente, con capitoli privi di numerazione, è denominata Ai Tigli) e misteri che rimarranno tali, attese di risoluzione che non si compiranno, perché non tutte le esistenze possono disvelarsi per intero, neppure nei libri. Il racconto si apre con la nascita di Lisse, Lisse senza la U: «‘22 giugno 1940. Lisse del Praloup’» scriverà Ghit «in bella grafia» sul frontespizio della sua Bibbia. Ghit è la donna che l’ha trovato avvolto in un fagotto nel prato, allattato dalla capra Beretta, una capra matriarca che vivrà più di vent'anni. Lo chiama Lisse come suo padre e Lisse non avrà mai un'identità anagrafica, in qualche modo destinato a rimanere per sempre nei confini della sua Valle, anche oltre la fine della guerra, e a diventarne il custode.
Questa assenza di identità anagrafica rappresenta un concetto profondo e complesso e può essere vista come un modo per esplorare l'idea di appartenenza e di identità: in un mondo in cui le etichette e le categorie spesso definiscono chi siamo, Lisse diventa un simbolo di una forma di esistenza più pura, distaccata dalle convenzioni sociali che normalmente ci definiscono. La sua mancanza di un'identità formale lo rappresenta, in un certo senso, come un ‘cittadino del mondo’, ed il fatto di rimanere per sempre entro i confini della Valle - forse per colpa dell’U mancante che lo distingue dall'eroe greco - lo rende invece il custode di storie e tradizioni che non debbono essere perdute. La sua nascita ed il suo ritrovamento suggeriscono una connessione profonda con la natura e con i luoghi ma, al contempo, aprono al mito e fanno pensare all’opera scultorea attribuita al giovane Bernini, La Capra Amaltea, in cui la capra è l’animale mitologico che nutre il piccolo Giove con il suo latte.
Il tema della maternità si sviluppa in questo libro attraverso una serie di figure, ognuna con il proprio significato e impatto sulla vita di Lisse: la madre biologica che l’ha partorito, la capra Beretta, Ghit che lo troverà e gli darà un nome, affidandolo poi a Denise; dopo un'ulteriore sventura - sarà infine Mina ad occuparsi di lui. Mina emerge come figura centrale, dotata di una saggezza profonda, è «un serbatoio di riti» e madre putativa di molti. La sua è una «maternità cava», senza essere uterina: il suo stesso nome, che rimanda alla miniera di talco - altra protagonista del libro - indica una cavità aperta artificialmente e Mina sa accogliere e diventare rifugio per gli altri, un punto di riferimento che offre sostegno e conforto, ampliando il concetto di famiglia oltre i confini biologici.
Pietra dolce è anche, fra le altre cose, una riflessione sul tempo ultimo della nostra vita, soprattutto su ciò che accade - come scrive Gabriella Caramore ne L’età grande. Riflessioni sulla vecchiaia - «quando muore un amico, una amica che davamo per scontato che avrebbe vissuto una vita parallela alla nostra». Chi invecchia - sottolinea Caramore - vede «il paesaggio umano che gli sta intorno svuotarsi, impoverirsi, come una foresta a cui di tanto in tanto viene strappato un albero». Così capita anche a Giosuè, il miglior amico di Lisse: «Chissà cosa si direbbero, se potessero incontrarsi dopo tanti anni di obbligato silenzio. Giosuè pensa a Lisse ogni giorno, soprattutto nei gesti più stupidi. [...]. A lui confiderebbe ogni centimetro di questi trent'anni di vita nuova. [...] È l’unica creatura che sente davvero mancante». Il giovane Jul riconosce a Giosuè «il coraggio di invecchiare e sapersi sorprendere, attraversando la vita degli altri senza una parola di troppo». I ricordi non riguardano solo il passato, ma interagiscono continuamente con il presente; pertanto i legami affettivi non svaniscono mai del tutto, continuando a far parte della nostra esistenza e influenzando il nostro modo di vedere il mondo. Questo crea una sorta di compresenza tra i vivi e i morti, evidenziata in modo significativo da Tron nelle parti del libro denominate Ai Tigli.
Il corvo nella tradizione popolare viene considerato annunciatore di sventure; nel racconto Ultimo viene il corvo di Italo Calvino è simbolo antropologico di morte imminente («Forse chi sta per morire vede passare tutti gli uccelli: quando vede il corvo vuol dire che è l’ora» pensa il soldato tedesco nel racconto di Calvino). Al contrario, nella Bibbia, il corvo che porta ogni giorno il pane al profeta Elia, è percepito come messaggero di Dio. Alla corva Bas, amica di Frillo/Giosuè, nella linea temporale del romanzo collocata nel 2016, Tron dedica pagine bellissime. Solitamente si pensa che solo le gazze siano attratte dagli oggetti dorati; invece anche i corvi, che sono animali intelligenti e avveduti - peraltro capaci di riconoscere e ricordare i volti umani - amano il luccichio. Con Giosuè che, prima di questa amicizia alata, viveva giorni privi di entusiasmo e pieni di silenzi, la corva Bas ha un rapporto affettuoso e protettivo.
Il registro linguistico di Valeria Tron si distingue per la presenza di metafore e di riferimenti poetici che riescono a trasformare anche gli aspetti più ordinari della quotidianità in esperienze evocative e significative. Si comprende perché proprio Vivian Lamarque abbia proposto il precedente libro di Tron, L’equilibrio delle lucciole, al Premio Strega 2023. Tron in Pietra dolce riesce a rendere poetici anche i porri: «Quando suona sette colpi, Mina è inginocchiata sui solchi per i porri. È bello vederli coricati in fila e sapere che si alzeranno da soli, senza spinta. ‘Così dovremmo fare tutti, nei momenti di sconforto. Alzarci a prendere la luce diretta’ pensa». La religiosità di Mina permea ogni sua azione, Mina prega nell’orto o comunque all’aria aperta: sebbene il tempio valdese venga menzionato solo di sfuggita, tutto il libro è pervaso da un forte senso di sacralità, che accompagna ogni gesto quotidiano.
Prendendo a prestito le riflessioni di un altro dei personaggi cruciali della storia, Tedesc, come si fa ad assaltare «una fortezza di puro dolore e a liberare il superstite»? Ci si prova attraverso i libri che sanno fare compagnia, attraverso le vicende del cane Buck de Il richiamo della foresta: «Lisse è metamorfico: si fa cane, piange, ride, ulula. è materia sensibile per ogni cellula. La sua pelle diventa pelliccia fino all'ultima pagina». Ma i libri, secondo Lisse, devono poter essere a disposizione di tutti, perché se non si legge abbastanza «la nostra vita gira a vuoto sullo stesso perno» e si smette di immaginare: Lisse e i suoi amici si inventano un circolo di lettura, una biblioteca per i minatori e per le mogli dei minatori: «Libbre, in patois, significa libero. Libbre, in patois, significa anche libro» scrive Tron.
Sempre Tedesc riuscirà a dare la più pregnante definizione di cosa produca la lettura in noi: «Abbiamo capito che un libro non è un semplice oggetto, ma un modo di intendere il tempo, pacificarlo». La lettura fa ritrovare il tempo perduto, riconcilia con la fine delle cose ma anche con la loro durata, ci fa ripensare possibili.Testo di Stefania Marengo (Biblioteche civiche torinesi).
In memoria di Monica Bisi (1967-2024).
La registrazione dell'incontro con Valeria Tron è avvenuta a cura delle Biblioteche civiche torinesi; il video è stato pubblicato sul canale YouTube delle BCT.