La casalinga Kate intona un inno alla lavatrice

Artista che non ha mai cercato la fama a tutti i costi, Kate Bush, fin da giovanissima ha sempre avuta chiara in testa la convinzione che la musica e la sua creatività non avrebbero mai ceduto il passo alle esigenze delle case discografiche e delle mode. Compositrice, interprete, polistrumentista, arrangiatrice, ballerina, coreografa e regista, nel corso della sua carriera si cimentata in ogni genere, realizzando canzoni di successo facili ma di alta qualità e realizzando nello stesso tempo produzioni impegnative e ostiche (ricordiamo qui The Dreaming e il doppio Aerial). Artista prodigio, scritturata da una “major” a soli sedici anni, deve soprattutto alla sua voce, capace di notevolissime estensioni, il segno lasciato nella storia del rock, grazie anche alle interpretazioni di atmosfere gotiche e mistico-medievali, incantesimi e riti tribali sino al pop più etereo. Dunque, la rilevanza culturale di Kate Bush è tuttavia sfuggita a rigide classificazioni di genere, permettendole di sintonizzarsi sui mutevoli gusti del pubblico, in continua evoluzione.

La casalinga Kate intona un inno alla lavatrice

Nell'inevitabile revival degli '80, divi d'epoca come Pixies, Duran Duran o Depeche Mode tornano a invadere il mercato. Era dunque pure inevitabile che si sbrigasse a finire il suo disco, dopo 12 anni di assenza, Kate Bush, vera musa del British Progressive Rock che fu un fenomeno quasi esclusivamente maschile. Nell'ultimo decennio almeno, il lavoro della balda e minuscola Kate (che fu scoperta da David Gilmour dei Pink Floyd) ha influenzato un rimarchevole numero di musicisti: da Outkast agli Anthony & The Johnson, mentre le debbono vocalizzi esotici, canzoni al piano e liriche esplicite alcune femmine di temperamento come Bjiork, Tori Amos e Dido. Ma la lezione odierna di Kate Bush si spinge più in là. A 47 anni, il nuovo album tutt'altro che peregrino s'immerge orgoglioso nella quotidianità del mestiere di casalinga e madre a tempo pieno senz'ombra di baby sitte: lavoro scelto con intenzione testarda alla nascita del figlio che ha oggi 7 anni e al quale ha dedicato nel nuovo cd un elegante madrigalino. Si intitola Aerial il nuovo album. Non è rock, e vale la pena ascoltarlo anche per una indubbia originalità di visione del mondo. Il primo disco s'intitola A Sea of Honey ed è composto di 7 canzoni: i maschi resteranno colpiti soprattutto da Mrs Bartolozzi, un'incredibile rapsodia per voce e piano che descrive la gioia di un bucato con la nuova lavatrice, con il coro che ripete gioioso “Washing machine”, e la descrizione dei gesti minuscoli che precedono l'operazione, poi il rito dei panni che girano osservati dall'oblò. Però non è che si resti sempre in casa: nel singolo King of the Mountain contro le noie della celebrità, si pensa a Elvis Presley e a “Quarto Potere” di Orson Welles. Il secondo disco, A Sky of Honey è una specie di suite di 42 minuti che parte con la voce del figlioletto Bertie. E' vagamente new age, con tentazioni jazz subito respinte dalla voce dell'interprete (che ha perso un po' di smalto ma non personalità). Ci sono interludi ecologici in cui Kate canta come fosse un uccellino, ci sono picchi di bravura e di energia e discese alla Enya, e talvolta suona fastidiosa la ritmica stile '80. Onestamente, qui non ci sentiamo di condividere l'entusiasmo totale espresso dai critici inglesi che sono molto più patriottici di noi italiani.

Marinella Venegoni - «La Stampa», 22 novembre 2005

Di Renzo Bacchini

Rielaborazione grafica di Roberta Di Martino

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