Ma dove sei finito senso della vergogna?

Marinella Venegoni

Duro articolo di Marinella Venegoni contro la moda degli anni '90, nata in Giappone agli inizi degli anni '70, diffusasi velocemente ovunque e dilagando in ogni locale o luogo dedicato alla musica e al divertimento, specialmente estivo: il Karaoke (un microfono, una base preregistrata e uno schermo su cui scorrono le parole della canzone). Protagonista assoluto del fenomeno fu Rosario Fiorello, allora uno sconosciuto presentatore al suo esordio televisivo. Trasmesso su Italia 1, il programma prese le mosse dalla città di Alba e fu pubblicizzato in un tour che viaggiò per tutte le piazze di Italia, offrendo alla gente comune la possibilità di esibirsi in pubblico, senza alcuna competizione e con molta ironia. Gli ascolti record, che stupirono persino gli organizzatori dell’evento, ne decretarono il successo, tanto che intorno ad esso si moltiplicarono i locali pubblici, come bar, pub, discoteche, unitamente al lancio di nuovi apparecchi lanciati dalle principali aziende elettroniche. Forse, come scrive Marinella Venegoni, tutto ciò a discapito della musica…..

Ma dove sei finito senso della vergogna?

Sarà socializzante, sarà divertente. Ma che strazio, il karaoke, per chi lo subisce. Non puoi più infilarti in una discoteca o in un pianobar, non puoi più cercare un attimo di divertimento o di relax in compagnia di amici, senza venir assalito da orde di ugole con mania di protagonismo, spesso non dotate del più elementare senso del ritmo e - soprattutto - dell'autocritica. Capovolta l'antica disposizione dei locali, che vedeva come centro focale una pista dove ballare (o, nel caso del pianobar, un signore che cantava con discrezione, a bassa voce, insinuante, permettendoti persino di scambiare qualche idea con gli amici), tutta l'attenzione viene ora calamitata dal nuovo gioco di società per cantanti mancati. Cioè, per quasi tutti. E infatti - tutti cantano, ognuno per conto proprio. E se tu non ti senti coinvolto, se tu non fai parte del branco, non puoi parlare, rimani solo, gli sguardi degli altri puntati sul video con il testo che scorre colorandosi. Resti solo, libero soltanto di ascoltare le urla, i nitriti, le stonature. Che sono il vero spettacolo: perché il karaoke è “divertente” non quando qualcuno è intonato e possiede il senso delle pause, ma soprattutto quando sbaglia senza pietà, urla fuori misura, accavalla le parole. Allora, che risate (e che strazio). I non dotati non si fermano mai, non hanno mai un attimo di incertezza, mai smettono prima della fine, travolti dai fischi, come almeno avviene alla “Corrida”. Invece qui nessuno fischia, tutti sghignazzano allegramente pensando al proprio turno: loro sì, ce la faranno. Se c'era un dubbio sul nuovo svago di massa, il successo del karaoke lo ha soffiato via: è scomparso il senso della vergogna.

Marinella Venegoni - «La Stampa», 2 marzo 1993

Di Renzo Bacchini

Rielaborazione grafica di Roberta Di Martino

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