Endrigo, l'amore sottovoce
Per trent’anni, Sergio Endrigo è stato, con Fabrizio De André, Giorgio Gaber e Luigi Tenco, uno dei nostri più ispirati e creativi cantautori: artista schivo, nonostante il successo, popolare in Italia e non solo, conosciuto in molti paesi d’Europa, in America del Sud, a Cuba, ha cantato l’amore con accenti sinceri, chiari, ma anche le contraddizioni della società, con particolare attenzione alla gente priva di diritti, povera, emarginata. Per questo motivo, la canzone italiana, grazie al suo contributo, è cambiata quasi del tutto. I suoi testi hanno saputo trovare un equilibrio perfetto fra preziosismi ed elementi popolari, alternando parti più ricercate ad altre con echi più semplici, diremmo più fruibili, lontani da inutili intellettualismi e mai banali e soprattutto inseriti nella grande tradizione melodica italiana. Marinella Venegoni riporta in vita, in questo articolo, un artista spesso ingiustamente emarginato e dimenticato
Endrigo, l'amore sottovoce
Se fosse stato francese gli avrebbero offerto la Legion d'Onore, e la regina Elisabetta lo avrebbe nominato baronetto. Ma poiché era italiano, e né le istituzioni né la cultura ufficiale si sono mai occupati del terreno “basso” della musica popolare, la memoria della grandissima arte di Sergio Endrigo resta affidata a cultori e divulgatori come il Club Tenco che 4 anni fa gli aveva tributato un doveroso e ampio omaggio durante la sua rassegna; oppure lo piangeranno coloro che lo scoprirono per caso nei juke box, nei primi Sessanta, a cantare Ora son giorni grassi / La Quaresima è finita / Viva Maddalena che regala notti bianche o la splendida Via Broletto 34; e lo ricorderanno coloro che hanno sognato su Io che amo solo te, o si sono estasiasi alle note piane di Teresa o Era d'estate. Endrigo, esule di Pola trapiantato a Roma, era di temperamento schivo, riservato e malinconico. Le sue canzoni coltivavano come lui l'understatement, con eleganza innata suscitavano emozioni piane, da cantare sottovoce, lontane dalla baraonda che oggi ci governa. Forse per questo, pur essendo stato uno dei più grandi innovatori della canzone italiana, aveva rinunciato da tempo a tener testa a un mercato sempre più prepotente quanto inconsistente. Nel tempo aveva però saputo sublimare il proprio carattere con piacevoli fughe nell'immaginario più innocente; ed è bello che almeno - nella smemoratezza triste dell'ufficialità - continueranno a cantarlo i bambini, per i quali aveva scritto nei Settanta episodi bellissimi rimasti nell'immaginario collettivo: La casa, famosissima (C'era una casa molto carina/ senza soffitto, senza cucina...), Il pappagallo, La pulce, La papera, L’arca furono frutti della sua collaborazione con il poeta brasiliano Vinicius De Moraes, mentre con il poeta Gianni Rodari nacquero l'assai cantata Ci vuole un fiore, Napoleone, e molto altro. La produzione di Sergio Endrigo è stata vasta e poderosa. Artisticamente, era figlio della scuderia di Nanni Ricordi, il prodigioso manager che scoprì e lanciò tutta la prima generazione degli esponenti della canzone d'autore italiana, da Tenco a Paoli, da Gaber a Jannacci. Lui stesso ricordava, in una propria autobiografia, di quando stanco di calcare i palchi delle balere e dei night club in varie formazioni musicali decise, a 26 anni, di smetterla con quella vita. Era il 1960. Un provino con il maestro Giampiero Boneschi lo promosse cantante. Ma poi Nanni, che con Franco Crepax stava creando il reparto di musica leggera della Ricordi, gli chiese a bruciapelo: “Ma lei non scrive canzoni?”. Disse di no, ma andò a casa e si mise a scrivere. Per la RCA romana, poco tempo dopo, nacquero a cascata i suoi successi: Io che amo solo te vendette in poco tempo 650 mila copie e lo fece conoscere anche in Brasile, con il quale Endrigo coltivò poi sempre una felicissima collaborazione che affondava nella condivisione della saudade; seguirono appunto Via Broletto, Viva Maddalena, Aria di neve, La rosa bianca da una poesia di José Marti, nata da una collaborazione con Luis Bacalov. Erano, quelli, tempi nei quali la musica d'autore e la letteratura godevano un felicissimo scambio con reciproca soddisfazione. Endrigo fu uno dei protagonisti di questa simbiosi. Piaceva ai poeti e i poeti piacevano a lui. Musicò tra le altre una poesia di Pasolini, Il soldato di Napoleone, e una di Rafael Alberti, La colomba. La prima parte dei Sessanta fu fondamentale per la scoperta della creatività di Endrigo. Livello alto di composizione, linguaggio spoglio e di ricercata, sofisticata semplicità, echi letterari, impatto immediato, lo resero subito noto ai giovani studenti affamati di novità. Nella seconda parte del decennio, egli volle invece allargare ulteriormente il campo d'intervento, verso una canzone molto più nazionalpopolare: nel 1966 approdò a Sanremo con Adesso sì, ci tornò nel '67 con la non eccelsa Dove credi di andare, e vinse finalmente la competizione rivierasca nel 1968, con l'intensa Canzone per te, che cantò in coppia con l'artista brasiliano Roberto Carlos; famosa è rimasta a lungo anche L'arca di Noè (Partirà / la nave partirà…) che si classificò terza nel 1970. Uno dei suoi più bei dischi è di quell'epoca, 1969, e s'intitola La vita, amico, è l'arte dell'incontro, realizzato con Sergio Bardotti: musica e poesia, fatto con Vinicius De Moraes, Giuseppe Ungaretti e Toquinho. Ma il mondo andava ormai verso altri lidi. Endrigo denunciò con voce forte di non esser stato seguito promozionalmente per tutta la propria produzione musicale, dai ‘70 ai ‘90. Si consolava tenendo concerti in ogni parte del mondo, soprattutto in Brasile; nel 1995 uscì un suo romanzo dal titolo ciampiano, “Quanto mi dai se mi sparo?”, dove si vendicava del trattamento subito dalla discografia. La riscoperta della sua opera musicale è partita con Franco Battiato, che nel 2000 incise Fleurs due sue canzoni, Aria di neve e Te lo leggo negli occhi; nel 2001 il grande tributo del Club Tenco gli ha ridato il posto che gli spettava nell’Olimpo degli autori italiani.
Marinella Venegoni - «La Stampa», 8 settembre 2005
Di Renzo Bacchini
Rielaborazione grafica di Roberta Di Martino