Led Zeppelin
Scrive Marinella Venegoni in questo articolo, e a piena ragione, che i Led Zeppelin sono una pietra miliare del rock. La band inglese ha effettivamente rappresentato la quintessenza della evoluzione in un genere musicale che ha attinto a piene mani dal blues e rock-blues degli anni ‘50 e ‘60 prima, e dal folk e dalla musica orientale poi. Il loro successo planetario per la prima volta non è scaturito e non è dipeso da alcuna programmazione radiofonica, né dalla scalata nelle hit parade che in quegli anni imperversavano ovunque, né da 45 giri di successo: ne è prova esemplare il loro singolo più famoso (Starway to Heaven), mai entrato in alcuna classifica. Persino i loro primi album non avevano titoli di copertina ma solo numeri progressivi: la rottura con la tradizione del marketing è stata evidente fin dalle origini. La loro fama si è estesa ovunque grazie alle esibizioni dal vivo: concerti dominati da feroce energia, furore mistico, fantasia allucinata e compulsiva orgia sonora, accompagnati da assordanti assoli e virtuosismi di chitarra alla velocità della luce di Jimmy Page e dalla voce stridula, possente, di Robert Plant, in grado di emozionare le masse accorse ai loro concerti. Dopo aver venduto oltre 200 milioni di dischi, sono ancora oggi venerati da schiere appassionate di vecchi e nuovi fans.
Page & Plant: rock inossidabile
Sono arrivati ieri a Milano dalla Repubblica Cèca, e stasera si esibiranno a Zurigo. Però Jimmy Page (54 anni) e Robert Plant (50) hanno la memoria lunga e conoscono bene le regole massacranti delle tournées: ieri sera al Filaforum di Milano assediato da diecimila fans, li abbiamo visti in forma discreta; le loro rughe non hanno a che fare con la stanchezza ma piuttosto con una vita non certo trascorsa fra le pieghe tranquille e noiosette che i più conoscono. Hanno fatto follie, ieri sera, i fedelissimi del Led Zeppelin sound che volevano assolutamente vedere e toccare i due eroi sopravvissuti a una leggenda: un fan ha offerto due milioni tondi per sostituirsi a uno dei cinque fortunati estratti a sorte da Tmc2 che hanno potuto stringere la mano, nel backstage, ai loro idoli. Non sappiamo come sia finita (né se sia stata una furbata ispirata da promozioni radio o tv), ma certo l'episodio è indicativo della febbre che contagia ogni Paese dove i due augusti vegliardi del rock mettono piede in questo tour, che fatalmente cade nel trentennale della fondazione dei Led Zeppelin. Tour che segna davvero un miracolo: quello di poter tornare alla gloria non solo con i vecchi successi, ma anche con un disco nuovo, Walking into Clarksdale, all'altezza della tradizione (anche se non apprezzato dalle masse come gli altri storici). Questo non è successo finora ad alcuno dei gruppi dinosauri del rock: chi s'è rimesso insieme nell'ultimo decennio, dagli Eagles ai Procul Harum, è subito tornato a ingiallirsi di ricordi fra le pagine delle enciclopedie specializzate. Questi due, poi, sembra proprio che crepino dalla voglia di suonare e cantare; sul palco manifestano un gusto della performance che li colloca di diritto fra i senatori a vita del rock. La loro vita è comunque giovane: da una ragazza brasiliana, Page ha avuto una bambina che ha adesso quasi due anni; beve e fuma con moderazione. Plant si è preso come bassista il marito di sua figlia Carmen, Charlie Jones; dicono però che la cosa non gli impedisca di perpetuare la sua fama di sciupafemmine. “Avete nostalgia dei Led Zeppelin? Peggio per voi”», hanno risposto in coro alle mille inevitabili domande sul passato i due, che dopo tanti contrasti hanno trovato all'inizio di quest'avventura (cominciata quattordici anni dopo la morte del batterista John Bonham), un equilibrio misterioso. Va anche aggiunto che Page & Plant non sono un gruppo ma un marchio, due nomi che hanno fatto degli Zeppelin una pietra miliare del rock. Stairway To Heaven, per dire, è in tutto il mondo la canzone più amata e più ascoltata nella storia di questa musica.
“Che cosa vi ha convinti a rimettervi nel rockbusiness con tanta grinta, Page?”
“L'orgoglio. La gente pensa che io non possa più suonare, e così vado sul palco a provare che non è vero. E poi pensano che io non possa più scrivere cose nuove, e così son costretto a scriverle. Non saranno della stessa intensità del passato, perché in quei tempi io vivevo nei Led Zeppelin tutta la mia vita, a scapito del privato. E infatti non lo faccio più.”
“Chi dei due è più agitato quando deve salire sul palco, lei o Plant?”
“Io. Divento piuttosto nervoso ed è sempre stato così: soprattutto se sei prigioniero di un tour, devi concentrarti.”
“Lei, come molti altri musicisti compreso Lennon, è diplomato in arte.”
“Già, non è curioso? Era l'unica cosa che mi interessava, e la mia famiglia aveva insistito tanto perché io almeno finissi la scuola, cosa che in realtà ho concluso benino. Io suonavo e suonavo, e loro neanche sapevano che cosa facessi di preciso.”
“Come mai gran parte della sua generazione ha sviluppato una grande tecnica nel suonare gli strumenti?”
“Perché eravamo autodidatti e imparavamo dalle stesse fonti: consumavamo i dischi che trovavamo nei negozi di collezionisti. Quelle erano le radici, ed erano forti al punto che c'era un grande convincimento nel suonare: i discografici poi non investivano nei videoclip ma nelle nuove band, cosa che dovrebbe avvenire ancora oggi: sono contento di esser vissuto in quell'epoca, è stato davvero molto utile.”
“Ci sarà altro materiale live degli Zeppelin in disco, dopo le BBC Sessions?"
“È possibile, e anche con documentazione fotografica. E poi, se non lo facciamo noi, lo faranno altri: e non bene come noi. Debbo però dire che la quantità di lavoro che ci vuole per promuovere è pazzesca. Lo so, me ne ricordo, ci mettevamo più tempo a fare interviste che non un album.”
Marinella Venegoni - «La Stampa», 20 novembre 1998
Di Renzo Bacchini
Rielaborazione grafica di Roberta Di Martino