Festival dell’anno zero

Marinella Venegoni

Questo interessante articolo di Marinella Venegoni, a proposito del Festival di Sanremo del 1987, pone l’accento sulla esigenza di nuove dinamiche (non solo di svecchiamento) di uno spettacolo musicale unico nel suo genere, in grado di catalizzare consensi enormi e quindi interessi legati a più livelli: da quello degli ascolti e del pubblico a quello degli interessi che un simile circo mediatico è in grado di sviluppare sia a livello discografico che di consenso, da quello sull’equilibrio fra esigenze di puro spettacolo alla necessità e priorità di caratterizzarne il contenuto sulle qualità nostrane della nostra musica e degli artisti italiani in campo. E forse questo, fin dagli anni ’80, è e resta il motivo essenziale per cui, ancora oggi, il Festival di Sanremo rappresenta un appuntamento fondamentale nella storia della musica, unitamente alla capacità di rinnovarsi e di riformularsi attraverso nuove proposte e palinsesti.

Festival dell’anno zero

Sanremo anno zero. Il vecchio Festival della canzone italiana “non esiste più, nasce”, come dice Baudo, “l'Olimpiade musicale, una grande kermesse senza paragoni al mondo”, con più centri d'interesse che non la vecchia gara e i pasticci con le cartoline Totip, o le polemiche provinciali sulla pancia della Bertè o il didietro della Oxa. Un po' di tifo, sì, ma poi ci sono le superstar straniere, 21 gruppi, che stanno eguagliando il numero, 24, dei big concorrenti italiani; il dibattito fra cantanti e giornalisti e il filo diretto con il pubblico, la sera di venerdì 6; gli ospiti, i comici, i balletti. È una Olimpiade che batte musica italiana e anglosassone, dove però ì colori locali rischiano di esser fagocitati: il livello di successo o di fama di molti degli ospiti stranieri (da Paul Simon a Rod Stewart, dai Duran Duran agli Spandau Ballet, da Tina Turner a Whitney Houston) è tale che nessuno dei concorrenti indigeni può farvi fronte a forze pari. Ci vorrebbe, per compensare, almeno tutto il Gotha del cantautorato, da Dalla a Paolo Conte. Ma, come si sa, essi snobbano la manifestazione e preferiscono le acque non competitive e di famiglia della Rassegna Tenco, l'altro Sanremo. Il Festival '87 è dunque l'atto finale dell'invasione discografica internazionale? La vecchia, romantica manifestazione è definitivamente tramontata? Marco Ravera, il figlio dello scomparso patron che quest'anno ha preso le redini del Festival, è tranquillo e ottimista: “Non potevo fare un Festival come quello che faceva mio padre. Dal confronto, sarei uscito perdente. Tanto valeva cambiare tutto… E Pippo Baudo: “ Tutto cambia, le tecnologie avanzano, Sanremo viene proiettato nel mondo, con una dimensione autenticamente Internazionale, non c'è Isola di Wight o Live Aid che possano reggere il confronto con questa edizione... Sì, ma più modestamente, non saranno penalizzati i cantanti italiani, il prodotto locale? “Ovvio che no”, dice Baudo, “Lo spettacolo sarà curato e incanalato in modo tale che essi diventeranno il fulcro su cui gira tutto lo spettacolo. Saranno presentati uno alla volta, non più a gruppi come nel passato, sarà valorizzata la loro professionalità…” .Confidano totalmente in Pippo Baudo, nel richiamo del suo nome, nella sua popolarità e nella sua professionalità, le case discografiche, motore propulsore del Festival di Sanremo, che sono peraltro in maggioranza delle multinazionali. Toccherà a lui, dicono, tener la gente incollata per ore davanti alla tv per quest'orgia di musica, ed è sicuro che lo saprà fare. Pierangelo Mauri, giovane direttore artistico d'assalto della Emi, la casa dei Duran Duran, ricorda che a Sanremo già si è passati senza dolore dalla fase del lancio della canzone a quella del lancio dei cantanti, com'è nella logica dell'evoluzione del mercato: “E non bisogna dimenticare che mentre prima i cantanti italiani rimanevano fenomeni locali, ora vendono all'estero, almeno in Europa. Ramazzotti, Nannini, Daniele, De Piscopo, Alice. E poi, c'è una continuità nella tradizione italiana: molti stranieri si ispirano alla nostra melodia, nascono sempre nuove forme di contaminazione, pure nella dance". Mara Majonchi, dell'italiana Ricordi: “Gli italiani? Dipende tutto da come li presenterà Baudo. Magari ha ragione lui, conosce il suo mestiere. E poi, alla fine, gli album italiani vendono sempre più di quelli stranieri. Se l'ultimo lp di Madonna ha venduto da noi 700 mila copie, quello di Baglioni ha sfiorato il milione, e Ramazzotti ne ha fatti fuori 600 mila: è una gara che alla fine si gioca anche sulla capacità dei cantanti italiani di stare con prodotti buoni all'interno del mercato, per non farsi divorare dalle superstar internazionali. Certo, le armi sono impari. Altro argomento esibito a favore degli italiani al Festival, è che da noi la gente ama la gara, e che finirà implacabilmente per appassionarsi ad essa piuttosto che al resto della manifestazione: “I big italiani ripeteranno quattro volte la loro canzone, una volta per serata” — ricorda Cabrini della Cbs —. “È un martellamento che alla fine risulterà vincente. Gli stranieri servono più che altro come immagine per la manifestazione”. Si sa che il marchio di Sanremo è ormai conosciuto ovunque: tutti i discografici confermano che i manager di qualunque superstar contattata sono al corrente dell'esistenza del Festival, e difficilmente dicono di no. Spiega un discografico: “Alcuni gruppi emergenti, quando arrivano in Italia, chiedono subito: ci farete cantare a Sanremo? E noi gli rispondiamo: calma, solo quando ve lo meriterete".

Marinella Venegoni - «La Stampa», 28 gennaio 1987

Di Renzo Bacchini

Rielaborazione grafica di Roberta Di Martino

Proposte biblio-discografiche