I 250 di Ludwig (van Beethoven). Episodio 2 - A Vienna

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Novembre 1792: sono a Vienna

Un mese dopo se ne va mio padre e non so veramente con quali sentimenti sia riuscito a salutarlo.
La capitale asburgica è quello che fa per me, almeno così credo o mi fanno credere. Anche se Mozart non è più fra noi, questa rimane la città nella quale sono approdati i migliori musicisti e sento (si, sento!) risuonare suggestioni musicali ovunque, dalle chiese ai parchi, dalle piazze alle dimore private, dai teatri alle trattorie. Qui sanno come divertirsi e la vita di società è una cosa dannatamente seria. Forse più di altre che mi starebbero maggiormente a cuore e che invece sono controllate e tenute a distanza con efficacia e capillarità.
Ma sono qui, e adesso tocca a me!

A Vienna, ancor più che altrove, il mecenatismo passa dagli aristocratici. Sono loro i detentori di ogni potere e sempre loro gli organizzatori di quei concerti ai quali i musicisti fanno a gara per partecipare, non importa se nelle auliche sale della capitale o nelle residenze di campagna.
Devo giocare le carte a mia disposizione: le mie stesse mani e la loro abilità.
Mi apro la strada con il mio innegabile talento di esecutore, riuscendo ad accreditarmi come imbattibile virtuoso della tastiera e dell'improvvisazione. Non importa chi abbia davanti, con quali grandi pianisti mi facciano duellare; a nulla valgono le critiche dei miei rivali sulla mia non eccelsa tecnica o sul presunto rumore che produce il mio agitarsi su tastiera e pedali. Le mie improvvisazioni sono le più amate, le mie esibizioni mandano in visibilio il pubblico viennese... Sono unico, a volte ci penso, altre lo dico: anch'io sono un re!

Eppure vado a lezione. Passaggio obbligato sono le lezioni di papà Haydn, con il quale, leider, non c'è vera intesa. Qualche volta gli scappa una lusinga, ma è chiaro che non riesce a comprendermi fino in fondo. Ombre e tormenti non sono ammessi: lui, che si dice sereno, non sembra conoscerne. A proposito della mia musica afferma che ci sarà sempre nelle Sue opere qualcosa.. qualcosa... se non vogliamo dire di strampalato, ... pure d'insolito. Vi si troveranno dei passi bellissimi, anzi, diciamo pure, mirabili, ma ora qua or là, stranezze ed oscurità. E non crediate che gli altri miei insegnanti mi reputino meno alieno. Albrechtsberger e la sua faccia da contrappunto non possono capire il mio libero istinto e Salieri, lui si occupa e preoccupa di condurmi nei meandri della lirica all'italiana. Quando posso mi rifugio volentieri e di nascosto dal compositore Johann Schenk, che sembra apprezzarmi per quello che già dimostro di essere.
Forse però, a ben guardare, senza i consigli di tutti loro, non sarei stato in grado di contenere il mio irruente stile compositivo... 

Intanto se a Bonn la situazione sta precipitando a causa dell'arrivo delle truppe francesi, nella capitale asburgica io perdo l'appoggio dell'Elettore Maximilian Franz, che mi consentiva di vivere con una certa dose di tranquillità.
Also, was ich tun? Oltre alla musica che gli editori mi pubblicano, alle lezioni di pianoforte che continuo a impartire, devo scrivere e scrivere ancora, dedicando opere a mecenati particolarmente ben disposti. Il diritto d'autore non esisteva, miei cari, e mi inventai un modo per mantenermi con ciò che scrivevo. 

Fra gli altri, viene in soccorso quel grand'uomo del principe Karl von Lichnowsky con una buona rendita, la sua ospitalità, una vera passione per la musica e autentica amicizia. La sua frequentazione e quella di altri aristocratici viennesi mi aiuta a costruire una rete di relazioni e di affetti importanti, alcuni dei quali mi saranno di grande aiuto all'approssimarsi del sordo abisso. Karl Amenda, teologo, violinista e lettore di Casa Lobkowitz, diventa non un amico come gli altri, non un amico viennese, bensì di quelli che solo il suolo della mia terra nativa sa produrre¹. E ancora il legame con il Conte-musica Zmeskall von Domanovecs, l'amico più incline a tollerare gli scherzi più irruentemente giocosi² e il fornitore ufficiale delle mie mai sufficienti penne!
Dopo le esibizioni private arrivano quelle pubbliche: tra il 1794 e il 1795 inizia la serie dei miei concerti a Vienna, seguiti da tournée a Praga, Lipsia, Dresda, Budapest e Berlino. Delle cose che scrivo inizio ad essere particolarmente orgoglioso: n
on per fare il verso al caro Leporello, ma andate a scorrere il catalogo delle mie opere di allora. Ci troverete titoli e musica che neanche sapete di conoscere! Dopo quelle dell'op. 10, le Sonate per pianoforte e violino dell'op. 23 e 24 (Primavera vi dice qualcosa?). Così come la Sonata per pianoforte che il mio editore definì Patetica (non nel senso che voi adesso potreste attribuirle: ascoltare e riconoscere per credere…) e le altre che vengono dopo: mai sentito parlare della Sonata Al Chiaro di luna?
La musica per il balletto Le Creature di Promoteo viene accolta con stupore e consenso, tanto da meritare 23 esecuzioni in due anni.
All'Imperatrice Maria Teresa dedicherò il Gran Settimino op. 20 e al Conte Moritz von Freis il Quintetto op. 29. Per l'amico Lichnowsky riservo le opere che ritengo da subito più significative: i sei quartetti dell'op. 18, costati una bella fatica, e la Seconda Sinfonia.
Le dediche sono concesse insieme ai diritti di esecuzione esclusiva per qualche mese a favore dei dedicatari. Questo mi consente una certa rendita che si somma a quella derivante dalla vendita agli editori.

Ah, ci sono anche i concerti per pianoforte e orchestra! Con quelli decreto e definisco ormai senza ombra di dubbio che quello è il mio strumento d'elezione: non per nulla non mi accontento dei pianoforti che riescono a costruire a Vienna! Troppo morbidi, per i miei gusti… Ne ho visti di portentosi a Berlino e me li faccio spedire direttamente dall'Inghilterra, non badando alle ingenti spese.

Con l'occupazione francese mi riunisco ad alcuni degli amici che lasciano Bonn per rifugiarsi a Vienna: il buon Franz Gerhard Wegeler (insieme a Loretta von Breuning, diventata nel frattempo sua sposa, e il fratello di lei, Stefano), destinatario di tante delle mie lettere³ e degli aspri commenti che saprà perdonare; la soprano Magdalena Wilmann (lo ammetto, a lei ho pensato con un misto di turbamento e pragmaticità); e anche ai miei fratelli Kaspar Anton Karl e Nikolaus Johann.

Siamo arrivati a cavallo fra 1800 e 1801. A leggere queste poche righe sembra quasi di poter considerare questo momento della mia vita positivo e felice. Forse lo è, lo fu, ma, passatemi l'espressione banale, s'addensavano nubi all'orizzonte. Con qualche squarcio di sereno, lo ammetto.
Che non
rivelerò adesso, ma nell'episodio del prossimo mese.

Auf Wiedersehen!

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¹ Vienna, I Giugno 1801

² Mio caro egregio Signore von Zmeskall, aulico segretario, ancora... celibe; se oggi mi vedrà in casa Sua non lo attribuisca ad altra ragione che qualcuno vuol parlare con me da Lei ed io non potendo rifiutare... m'invito e spero che non mi scaraventerà fuori.
Il tutto Suo B.

³ Ah, Wegeler! La mia unica consolazione è che mi conosci fin quasi dall'infanzia...
No, Wegeler carissimo, ottimo, prova ancora una volta a gettarti nelle braccia del tuo B.; conta sulle buone qualità che hai trovato in lui altre volte… Oh, Wegeler, non respingere questa mano della riconciliazione, metti la tua destra nella mia.

Di Laura Ventura

Illustrazione di Marisa Aloi