Le vite mancate dei grandi protagonisti della musica classica

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Li conosciamo per i grandi musicisti che sono diventati. Ma se avessero scelto di fare altro?
Se anziché ribellarsi alla volontà dei loro genitori avessero seguito studi diversi?

Se non avessero incontrato chi li ha condotti verso una vita dedicata alla musica?
Le storie più interessanti non sono quasi mai lineari e noi siamo andati a caccia delle sliding doors di alcuni grandi della musica colta.

Siamo d’accordo, Bach appartiene a una stirpe di musicisti; il suo talento è stato prontamente cercato e coltivato: difficilmente riusciremmo a immaginarlo diverso dal gigante musicale che è stato.
Come lui, tanti hanno seguito le orme di genitori (spesso padri, a dire il vero) già appassionati di musica o loro stessi musicisti.
Molti altri però hanno sfidato scelte altrui e circostanze, spinti il più delle volte da una passione divorante, da quel sacro fuoco che qualcuno nella sua vita ha avuto l’avventura (la fortuna?) di conoscere.
Perché sembra facile a dirsi, ma si faccia avanti chi – pur vivendo saldamente nel presente – non si è mai chiesto se non sarebbe valsa la pena trovare e perseverare in quella che considerava la propria vocazione naturale…
Certo è che conosciamo le biografie di tutti i perseveranti diventati poi famosi, ma non sappiamo cosa sia stato di coloro che insistendo si sono condannati.

Comunque, per quanto ci è dato sapere e visto cosa ci racconta il suo primo biografo, uno dei più caparbi è stato sicuramente Georg Friedrich Händel. Divenuto da straniero il dominus assoluto della vita musicale londinese (tanto da meritare di poter riposare in eterno nell’abbazia di Westminster), avrebbe potuto assecondare la volontà del padre, rispettato medico chirurgo che, avuto il figlio in seconde nozze a più di sessant’anni, voleva fortemente avviarlo allo studio del diritto. Tanto da proibirgli espressamente di avvicinarsi a qualsiasi strumento. Divieto che non fece altro che rafforzare i propositi del giovane Georg, il quale si procurò di nascosto un piccolo clavicordo per esercitarsi in soffitta nottetempo (a chi sta venendo voglia di ricavarne una sceneggiatura di successo?).
L’incontro giusto fu quello con il Duca di Weissenfels, il quale, sentendolo suonare, convocò il medico e gli disse che certamente ogni padre deve giudicare da sé come guidare i propri figli, ma che per conto suo non poteva non considerare quasi un delitto, agli occhi del pubblico e della posterità, sottrarre al mondo un simile genio nascente!
Fu così che Händel iniziò le sue lezioni di musica, dimenticando e facendo dimenticare ben presto il diritto. Halle, sua città natale, diventò troppo stretta, e fu la volta di Berlino, Amburgo, e poi l’Italia, naturalmente. Infine l’Inghilterra. Diventò Händel, natürlich!

Non fu molto diverso, riguardo al rapporto tra passione per la musica del figlio e volontà di convincere verso studi di diritto del genitore, per Robert Schumann. Facendo preoccupare non poco la madre rimasta vedova, sembrava interessato solo a diventare scrittore e musicista. Riuscì a trovare un insegnante di pianoforte che oltre a farlo diventare il compositore che conosciamo, gli diede modo di conoscere sua figlia Clara ospitandolo nella sua casa. Molto si è scritto sul rapporto fra Robert e Clara (e poi anche Johannes Brahms), ma ciò che ci preme dire è che i due si sposarono contro la volontà di Wieck padre. Clara, abile e dotata musicista, rinunciò per un po’ alla carriera e alle sue esibizioni, costretta nel rapporto coniugale a ben più modesto profilo.
Insomma, nella testa dei genitori della media borghesia di allora era meglio un figlio che riuscisse a destreggiarsi tra articoli e commi piuttosto che su una tastiera.
Ora come allora… Che dite?

Chi invece gli studi in diritto li terminò fu Pyotr Ilyich Tchaikovsky, nato in una cittadina dell’Impero Russo a mille chilometri dalla Siberia dal luogotenente-colonnello-ispettore-ingegnere-delle-opere-metallurgiche (?) Ilya Petrovich e da madre di origine francese, Alexandra Andreyevna Assier, figlia di un Consigliere di Stato a San Pietroburgo. I Tchaikovsky avevano un buon tenore di vita e la loro casa era il centro mondano di Votkinsk, frequentata da molti giovani ingegneri in temporaneo esilio da Mosca o San Pietroburgo.
In casa, oltre a un pianoforte, c’era uno strumento bizzarro, l’orchestrion, che possedeva diversi registri in grado di imitare il timbro di alcuni strumenti. Per Pyotr fu facile prendere confidenza con la musica e rimanerne irretito.
Nonostante ciò, le vicende della vita lo portarono a San Pietroburgo, dove, rimasto solo con il fratello (e dovendo lasciare la madre con un dolore che non mancò di segnarlo per tutta la vita) compì i suoi studi in diritto, si avviò alla carriera di funzionario del Ministero della Giustizia, facendo per un po’ la vita di tutti i giovani funzionari di buona famiglia a San Pietroburgo.
Ma Pyotr era un’altra persona, sensibile e tormentata, e a fatica riusciva a nascondere e per certi versi contrastare le sue vere passioni. Quando la società russa di musica, grazie all’iniziativa della Gran Duchessa Hélène Pavlovna, aprì quello che potremmo dire il Conservatorio di musica di San Pietroburgo, Pyotr Ilych scrisse: Presto o tardi abbandonerò la mia situazione attuale per dedicarmi alla musica… Non mi interessa diventare un musicista famoso o guadagnare faticosamente facendo lezioni, ma la mia coscienza sarà acquietata e non avrò più il diritto di grugnire contro la mia sorte…

Stessa presa di coscienza graduale per il giovane Hector Berlioz, a Parigi per gli studi in medicina, ma trafitto dalla sua natura tormentata e la passione per la sua musica, la musica come lui la intendeva… Musica e musicisti che rimasero suoi compagni di vita anche grazie all’attività di critico musicale.

Gli italiani?

Una storia davvero bella da raccontare e che così è stata effettivamente raccontata, è quella della nascita di Antonio Vivaldi.
Come tutti sapete, Vivaldi nacque a Venezia il 4 marzo del 1678 e fu battezzato Antonio Lucio. Alcuni commentatori ne hanno fatto un aneddoto curioso, mettendolo in relazione con un presunto terremoto avvenuto proprio quel giorno a Venezia e narrando di un voto a Dio fatto dalla madre, sconvolta dal terremoto e partoriente, affinché salvasse il figlio. Quel figlio al quale ella – grata per essere riuscita a darlo alla luce sostanzialmente incolume – fece prendere la tonsura e diventare prete. Ci piace raccontarla così quando ne parliamo fra noi, ma alcune fonti, nel 1795,  misero in discussione la stessa circostanza del terremoto: anzi, il terribile terremoto ci fu, per cui crollarono case, caddero camini e una fabbrica dirimpetto alla Chiesa della Carità… Ma tutto accadde il 7 aprile 1688! Dunque, il parto fu difficile, questo è certo, perché la levatrice battezzò lei stessa il neonato temendo per la sua vita. Ma fortunatamente Antonio si riprese, anche se rimase deboluccio e cagionevole per tutta la vita.
Ah, non vi ho detto che il padre, Giovanni Battista, fu una figura assai importante nella vita del figlio. Giunto a Venezia proveniente da Brescia, fece il barbiere e poi il violinista (!). Sì, insomma, lui stesso perseverò e ne fu premiato. Fu il primo e forse l’unico insegnante che Antonio ebbe e gli rimase accanto sempre, morendo solo cinque anni prima del figlio.
Ma parlavamo di Antonio: la scelta del sacerdozio in effetti fu presa dalla famiglia con l’intento di avviarlo ad una delle poche professioni che potesse consentirgli una piccola scalata sociale.
Con la sua assunzione come maestro di violino al Pio Ospedale della Pietà (orfanotrofio femminile, ma anche Conservatorio), Vivaldi iniziò a scrivere sonate e concerti per le esecuzioni pubbliche che divennero un appuntamento irrinunciabile per l’alta società veneziana e per le personalità che si trovavano a far visita alla città.
Smise di celebrare messa e si dedicò esclusivamente alla musica.

Altri potrebbero essere i protagonisti di questa curiosa ricognizione. Ma stuferemmo e occorrerebbero ricerche ben più corpose.

Vi lasciamo con le parole usate dalla pianista quarantasettenne Hélène Grimaud nella sua irrituale e per certi versi sorprendente autobiografia, quando ripercorrendo gli anni dell’infanzia si racconta bambina.
Nonostante tutte le mie precauzioni, mia madre aveva scoperto le mie ossessioni maniacali. Evidentemente i frequenti bendaggi con cui avvolgevo le ferite attiravano l’attenzione, soprattutto la sua…
Cominciarono i colloqui con le maestre e l’iscrizione ai vari corsi. Danza e judo fecero presto ad annoiarmi. Il tennis, ultimo tentativo fatto con lo sport, mi divertiva di più; ma l’ossessione dell’ordine e le ferite volontarie non finirono…
Fu mio padre a formulare per primo quest’ipotesi, dopo l’insuccesso di tutte quelle imprese evolutive.
– E se iscrivessimo Hélène a un corso di musica?

Hanno aiutato nella piccola ricerca:
Memorie della vita del fu G.F. Händel di John Mainwaring - 810.B.114
La vie pathetique de Tchaikovsky di Herbert Weinstock - 790.H.14

Hector Berlioz di Adolphe Boschot - 807.G.45
Antonio Vivaldi. A life in documents di Micky White - 41.MN.17
Vivaldi. Fonti e letteratura di Michael Talbot - 41.MN.5
Variazioni selvagge di Hélène Grimaud - 806.F.139

Di Laura Ventura