Ada Negri, la rosa Alba Maxima

Ritratto di Ada Nagri, volto a matita e capelli a computer

«Ho consegnato il manoscritto delle mie novelle "Le solitarie". Vi è contenuta tanta parte di me, e posso dire che non una di quelle figure di donna che vi sono scolpite o sfumate mi è indifferente. Vissi con tutte, soffersi, amai, piansi con tutte». 
(Le solitarie, 1917)

Ada Negri (1870–1945), di umilissime origini (il padre fa il vetturino, la madre la tessitrice) trascorre l’infanzia con la nonna, portinaia presso il palazzo nobiliare Barni, di cui, in età matura, scriverà nel suo romanzo Stella mattutina (1921). Le poche risorse, la morte del padre grande bevitore nel 1871, impongono alla madre di cercare un lavoro meglio retribuito, che troverà in fabbrica, permettendo alla piccola Ada di frequentare la scuola e poi diplomarsi maestra elementare.

Le sue esperienze di insegnamento nella provincia, in piccole scuole, acuiscono la sua sensibilità alle tematiche femminili e sociali, mentre inizia a comporre poesie che, nel 1892, verranno pubblicate nella raccolta Fatalità, che ebbe grande successo. Questo le valse l’attenzione del ministro Zanardelli, che la promosse “docente per chiara fama” aprendole non solo una carriera d’insegnamento di grande prestigio, ma anche le porte degli ambienti culturali e politici più influenti.

Il breve e fallimentare matrimonio con un industriale tessile biellese nel 1896, da cui nascerà l’amata figlia Bianca, costringerà Ada ad affrontare il lutto per la morte in culla della seconda figlia. Questi avvenimenti, senza nulla togliere al carattere sociale della sua poesia, favorirono la sua progressiva inclinazione verso una scrittura più introspettiva, che si manifesterà negli ultimi lavori della sua vita.

Da giovane docente e poetessa, si avvicinò al neonato Partito Socialista, dove conobbe Filippo Turati e Anna Kuliscioff, di cui divenne intima amica; frequentò Mussolini e non ruppe mai la relazione con lui anche e soprattutto dopo la presa di potere e la nascita del regime fascista.

Ada, prima donna ad essere ammessa all’Accademia d’Italia (1940), trovò nel fascismo i mezzi culturali e comunicativi per proseguire nel suo lavoro letterario e poetico senza mai rinunciare alla sua vocazione sociale e di emancipazione femminile. Per questo fu insignita nel 1931 del premio Mussolini dopo avere già ricevuto, nel 1926 e 1927, la candidatura al Premio Nobel.

Il corso della guerra e le sue personali vicende la spingeranno però ad un progressivo silenzio, fino alla morte che avvenne a Milano nel 1945. Inizialmente inumata nel Famedio milanese, fu traslata nel 1976 presso l’antica chiesa di San Francesco a Lodi.

L'immagine di copertina è una elaborazione grafica realizzata da Evaluna Lovera.