Grazia Deledda, la rosa Pierre de Ronsard

ritratto a matita di Grazia Deledda elaborato con grafica al computer

«Sono nata in Sardegna. La mia famiglia, composta di gente savia ma anche di violenti e di artisti primitivi, aveva autorità e aveva anche biblioteca. Ma quando cominciai a scrivere, a tredici anni, fui contrariata dai miei […]. Avevo un irresistibile miraggio del mondo, e soprattutto di Roma. E a Roma, dopo il fulgore della giovinezza, mi costruì una casa mia dove vivo tranquilla col mio compagno di vita ad ascoltare le ardenti parole dei miei figli giovani [...]

Ho vissuto coi venti, coi boschi, colle montagne. Ho guardato per giorni, mesi ed anni il lento svolgersi delle nuvole sul cielo sardo. Ho mille e mille volte poggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie, ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l’acqua corrente. Ho visto l’alba e il tramonto, il sorgere della luna nell’immensa solitudine delle montagne, ho ascoltato i canti, le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo. E così si è formata la mia arte, come una canzone, o un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo [...]».
(D
al discorso per il conferimento del Premio Nobel)

Grazia Deledda (1871–1936), quinta tra sette fratelli e sorelle, nasce in una famiglia benestante e frequenta la scuola fino alla quarta elementare. All’epoca non era consuetudine che le ragazze avessero un’istruzione superiore, né che frequentassero pubblicamente la scuola. Per questo la sua successiva istruzione avviene per alcuni anni tramite un precettore privato, che le impartisce lezioni di italiano, latino e francese. Successivamente Deledda proseguirà da autodidatta.

La passione per la scrittura si manifesta fin dall’adolescenza, sono del 1888 i suoi primi racconti, che invia fiduciosa alla rivista romana «L’ultima moda», che li pubblica. Gli anni a seguire sono segnati da una produzione letteraria molto intensa - racconti, romanzi e novelle per l’infanzia - che incontra il favore della critica. Grazia Deledda è alla ricerca non solo di un proprio stile, ma soprattutto di una ispirazione che le permetta di conciliare il vissuto nell’amata Sardegna con il suo bisogno di emancipazione e di autonomia.

Nella piccola comunità di Nuoro questa giovane scrittrice non è compresa: la sua Sardegna raccontata, così aspra, antica, attraversata da istinti ed emozioni sanguigne viene fraintesa. Grazia Deledda invece, lettrice e ammiratrice di Tolstoj, crede profondamente nella possibilità di una letteratura che possa raccontare la condizione umana a partire dai semplici, dalle storie e dai paesaggi della sua isola.

Nel 1899 si trasferisce a Cagliari dove incontra il suo futuro marito, Palmiro Madesani, che da funzionario dello stato si trasforma nel suo agente letterario. Si sposano nel 1900, nello stesso anno la coppia si stabilisce a Roma. Dalla loro unione nasceranno due figli. È del 1903 la pubblicazione del romanzo Elias Portolu, che la consacra definitivamente come scrittrice e apre la strada ad una intensa produzione letteraria e teatrale. Dal suo romanzo breve Cenere (1904) verrà tratto un film interpretato da Eleonora Duse. Canne al vento del 1913 è forse la sua opera più letta e diffusa ed anche l’espressione compiuta di quella sua aspirazione tolstoiana a trattare grandi temi esistenziali partendo da storie locali e personaggi veri. 

Grazia Deledda avrà sempre un rapporto conflittuale con i suoi concittadini nuoresi che non gradiranno mai riconoscersi nei personaggi di molti suoi romanzi e racconti. La critica fluttua intorno alla sua opera: di volta in volta verista, decadentista, regionalista. Leggendo Deledda si coglie invece la sua capacità di conciliare l’amore profondo per la sua terra, ricca di spunti per raccontare temi e tragedie universali, con la ricerca di uno stile e di una poetica capaci di produrre vera letteratura. Questa qualità e questa originalità le verranno riconosciute nel 1927 con l’assegnazione del Premio Nobel. Negli anni successivi al conferimento del premio, Grazia Deledda lavora a Cosima, quasi Grazia, romanzo di ampia ispirazione autobiografica che, scoprendosi malata di tumore al seno, l’autrice dovrà lasciare incompiuto.

Grazia Deledda morirà il 15 agosto 1936, a Roma. Inizialmente sepolta al Cimitero del Verano di Roma, fu trasferita a Nuoro nel 1959, per volontà della famiglia, presso la Chiesa della Madonna della Solitudine.

L'immagine di copertina è una elaborazione grafica realizzata da Evaluna Lovera.