Una vita vissuta tra passato e presente

"La 'memoria genetica' è uno dei modi per sopravvivere alla morte di generazione in generazione. Ma non è l’unico, perché le nostre azioni, anche le più insignificanti, si intersecano con quelle degli altri, aprendosi a ventaglio. […] Perché di tutti i nostri atti, consapevoli o no, nessuno va perduto, anche se di noi si perde il nome e col nome la memoria".  
(Laura Mancinelli, Il passato è presente, Einaudi, 2014)

Grande appassionata di storia medievale e prima docente di Filologia germanica all’università di Venezia e poi di Torino, Laura Mancinelli nasce a Udine nel 1933. La sua famiglia si trasferirà definitivamente a Torino, nel 1939, poco prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Nel capoluogo piemontese, la famiglia Mancinelli di stabilisce nella zona vicino a piazza Rivoli. L’autrice frequenta il Liceo Cavour e in una chiacchierata il fratello, Paolo Mancinelli, ricorda che “è sempre stata una studentessa molto dedita allo studio”. Una volta diplomata, la giovane Mancinelli si iscrive alla facoltà di Lettere presso l’Università degli studi di Torino. Grazie all’incontro con il professor Leonello Vincenti, suo relatore di tesi, si appassiona alla storia della lingua tedesca e, a seguito di un dottorato, insegnerà alle scuole medie per tredici anni in diverse zone del Piemonte: prima a Carmagnola, e poi in Val di Susa. Nel corso di questi anni, l’autrice matura una certa passione per la storia medievale e la letteratura dell’epoca. Nel corso degli anni ’60, le viene offerta la possibilità di diventare assistente del prof. Vincenti, che verrà accolta dalla giovane donna, lasciando il posto di docente di scuola media. Tale scelta non sarà condivisa del tutto dal padre, al contrario la madre saprà incoraggiarla al meglio. Da qui ha inizio la sua carriera nel mondo universitario, e si avvicinerà anche alla traduzione (dal tedesco medievale, occorre sottolinearlo) di grandi opere della tradizione medievale tedesca, quali I Nibelunghi (1972), Tristano (1978) di Gottfried von Strassburg; sarà curatrice del Perzival (1993) di Wolfram von Eschenbach.

Nel corso del tempo, l’autrice decide di inviare alcune domande di assunzione a tre diversi Atenei: Udine, Catania e Sassari, ottenendo una chiamata da parte di tutti e tre. La scelta ricade sull’Università di Sassari, per il ruolo di docente di Letteratura tedesca, dove insegnerà per un paio di anni. Nel 1972, Ladislao Mittner, importante germanista, suggerisce il nome della Mancinelli affinché le venga assegnata la cattedra di Filologia germanica presso l’Università Ca’ Foscari e dopo quattro anni, otterrà la cattedra di Storia della lingua tedesca nel medesimo Ateneo. Nello stesso periodo, a causa di un’improvvisa perdita della vista, viene ricoverata per un mese agli Ospedali Riuniti di Venezia.

“Nella primavera del 1976, quando vivevo a Venezia uno dei periodi più felici della mia vita, improvvisamente si era manifestato un disturbo alla vista: vedevo immagini sovrapposte in continuo movimento. Fui ricoverata agli Ospedali Riuniti di campo San Zanipolo (San Giovanni e Paolo) in reparto neurologico, dove mi furono fatte tutte le analisi per ricercare un eventuale tumore al cervello, allora ritenuto unica possibile causa di tale alterazione. Vi rimasi due settimane, anche se il disturbo dopo i primi giorni di ricovero era scomparso”. (Il passato è presente, 2014) 

Proprio in questo momento avviene la “svolta letteraria”: l’inizio della stesura di romanzi a sfondo medievale. Lo stile che caratterizzerà questi scritti, avrà una componente allegorica, pur restando legato alla tradizione e fonti del tempo. I dodici abati di Challant, pubblicato nel 1981 da Einaudi, è stato il primo della serie di questi romanzi; sulla stessa linea si ricordano: Il fantasma di Mozart (1986), Il miracolo di Santa Odilia (1989) e Gli occhi dell’imperatore (1993), grazie ai quali le sono stati assegnati diversi premi, quali il Premio Mondello e il Premio Città di Roma. A proposito della prima opera pubblicata, l’autrice narra un fatto particolarmente curioso, ossia nel periodo in cui era stata prevista l’uscita del primo libro, la stessa casa editrice decide di mettere in commercio Il nome della rosa di Umberto Eco. Nel momento in cui il libro della Mancinelli ha visto la luce, cioè qualche mese più tardi, diversi critici hanno dubitato dell’originalità della trama narrativa, nonostante la Mancinelli avesse scritto l’opera molto tempo prima rispetto a quello di Eco. Gli elementi in comune tra le due opere sarebbero state le morti dei vari personaggi, il luogo in cui si sviluppa la trama e l’incendio che divampa negli edifici. Si riporta di seguito un pensiero dell’autrice, scritto a seguito dell’avvenimento con toni piuttosto ironici: “Per superare quel disagio ho fatto dell’illustre semiologo l’eroe del mio primo romanzo poliziesco, Il mistero della sedia a rotelle, e come inizio del giallo ho immaginato un cadavere che scende lungo il Po trascinato dalla corrente. Poi mi sono lasciata prendere la mano dal piacere dell’invenzione e ho moltiplicato il morto per tre: tre cadaveri uguali che, fluttuando lungo il fiume, vanno ad impigliarsi all’imbarcadero dei Murazzi, sotto gli occhi allucinati dell’alter ego, il capitano di polizia Florindo Flores. Quindi, siccome la fantasia è una libertà concessa a chi scrive, forse esagerando ho fatto in modo che il nostro eroe non fosse affatto morto e a questo punto ho lasciato il capitano Flores a sbrogliare l’ingarbugliata matassa di tre cadaveri di un uomo vivo, divertendomi anche un po’ alle sue spalle”. (Il passato è presente, 2014) 

Volgendo lo sguardo al periodo veneziano, come già citato in precedenza, Mancinelli lo ricorda come uno dei più gioiosi: narra di una Venezia che sente come casa, a partire dagli ambienti universitari fino ad arrivare alla sua dimora, dei tanto amati tramonti che cadono nell’acqua, dipingendo il cielo di colori magnifici. Come scrive Marina Buzzoni, nel saggio dal titolo Gli occhi di Laura, inserito all’interno del volume Le lingue occidentali nei 150 anni di storia di Ca’ Foscari (2018). Si riportano di seguito le sue parole: “La chiave di lettura dell’esperienza veneziana sta dunque nella ricerca della bellezza, quella offerta dal godimento estetico dei tramonti, delle arti figurative e delle opere architettoniche, ma anche quella tenacemente perseguita nei rapporti umani con i colleghi, spesso in momenti conviviali, fonte di ispirazione letteraria per lei che amava definirsi una paziente artigiana della scrittura”. Grazie a questo saggio, ci viene offerta la possibilità di scoprire il profilo di una docente appassionata, studiosa e particolarmente dedita “alla ricerca sulla mistica medievale, sul linguaggio dell’avanguardia tedesca e sulla fiaba europea”, di quest’ultima la Mancinelli curerà l'edizione delle Fiabe dei fratelli Grimm, opera pubblicata nel 1990.

A causa di una malattia degenerativa, la sclerosi multipla, dovrà lasciare l’insegnamento universitario, trovandosi costretta sulla sedia a rotelle, nel suo romanzo autobiografico Il passato è presente, scrive: “Sono stata colpita dalla sclerosi multipla alla fine di ottobre del 1994. Avevo circa sessant’anni. Non fu per me una sorpresa perché attendevo quell’attacco che mi avrebbe tolto l’uso delle gambe. Avevo espresso al mio medico tale sospetto ed egli mi aveva risposto che non era possibile, che questa malattia colpisce i giovani fra i venti e i trent’anni. […] Devo dire che la malattia, dopo due mesi di ricovero in ospedale e una cura intensiva di cortisone che stravolse la mia fisionomia su, se non scomparsa – perché non esistevano medicamenti che potessero guarirla – perlomeno fermata nel suo decorso, tanto che recuperai l’uso delle mani e delle braccia per tutte le normali funzioni. Due mesi in una struttura fisioterapica mi permisero di riprendere parzialmente l’uso delle gambe, il che mi consentì di muovere qualche passo con il deambulatore o con un bastone”.

L’esperienza della malattia non ha mai fermato Laura Mancinelli dal creare nuove trame narrative per le sue opere, anzi, l’ha aiutata a esorcizzare il suo dolore, utilizzando la sua innata ironia e immaginazione. Come scrive Marina Buzzoni, "il desiderio di scrittura mette radici profonde in Laura, intrecciandosi sempre con eventi di vita personale, tanto che in molti dei personaggi, anche minori, dei suoi lavori si riconosce una trasfigurazione letteraria delle persone a lei care. […] E Laura narratrice prosegue il suo percorso incalzata da un’esigenza interiore di raccontare, quasi come riscatto, immagini di vita nelle sue variegate manifestazioni”. Le storie narrate coinvolgono il lettore dall’inizio alla fine; l’aggiunta di elementi personali agli scritti rendono ogni singola opera originale e avventurosa, ricca di descrizioni che permettono di far immergere il lettore nel luogo in cui si sta svolgendo la trama. Secondo Marina Buzzoni, per Laura Mancinelli la scrittura stessa: “è contemporaneamente ricordo, rielaborazione e attualizzazione di esperienze passate, sulle quali si fonda il presente […] Una scrittura che, nelle autobiografie letterarie, scivola dall’io narrante alla terza persona (e viceversa), quasi a voler ricercare un distacco che permetta l’elaborazione più oggettiva dei ricordi […] Una scrittura, infine, strettamente radicata nei meccanismi della memoria che impreziosisce i ricordi e 'li fa risplendere come gioielli sulla loro base di velluto'. E della memoria – ammonisce Laura – si può vivere trasformando il ricordo di ciò che si è perduto in impulso verso il futuro, continuando incessantemente ad amare”.

Accanto alla sua grande passione e dedizione alla storia, l’autrice ha sempre manifestato un grande interesse per l’arte e la musica, basti pensare alla sua conoscenza approfondita della storia di Amadeus Mozart e le opere a lui dedicate: Il fantasma di Mozart (1986) e Amadé (1990). Inoltre ha avuto l’opportunità di allacciare una serie di importanti amicizie con diversi artisti, come Sergio Verdilame e Fernando Eandi, artista piemontese del quale ha sempre nutrito grande stima. Su di lui scrive: “[…] amo soprattutto gli acquerelli, sebbene egli sia noto tra gli esperti per l’eccellenza delle incisioni. […] Ti parlo del mio artista preferito, che sfugge a ogni definizione, a ogni forma di incasellamento. Dei suoi dipinti ricordo con particolare interesse i tronchi di ulivi, che ho visto nel suo atelier perché sono quadri molto grandi, difficilmente trasportabili. Riproducono ossessivamente lacerazioni della corteccia, tortuosità tormentate da antiche cicatrici, forse di rami spezzati. Io vi leggo una metafora di vicende umane, tracce di dolori o ferite dell’esistenza. Così come nella serie dei cespugli secchi, arbusti morenti nel freddo dell’inverno dove una bacca residua attira un uccellino soltanto, vedo un’esistenza al tramonto che ha ancora un ultimo dono da offrire. Vi ho letto un’immagine della mia vita”. (Il passato è presente, 2014) 

Grazie alle sue parole e la minuziosa descrizione delle opere ed emozioni che esse le trasmettono, il lettore può entrare in contatto con l’animo dell’autrice e comprendere i suoi pensieri, quasi come fosse a tu per tu. Dalle sue narrazioni risuona sempre un certo ottimismo e una visione della vita particolarmente positiva, nonostante la malattia e i sacrifici che ha dovuto affrontare. L' ironia pungente che accompagna alcune opere, fa percepire al lettore la sua voglia di andare avanti con costanza e tenacia, facendo della sua professione, una vera e propria ancora di salvezza. Ripercorrere le orme di Laura Mancinelli è un’esperienza davvero arricchente e originale, poiché ci permette di entrare in una dimensione dell’epoca medievale unica, romantica e avventurosa, la quale si legge tutta d’un fiato ed è riuscita a lasciare un segno indelebile anche all’interno del mondo accademico, che ancora oggi beneficia dei suoi studi e approfondimenti.

Molte persone hanno avuto il piacere di conoscere Laura Mancinelli, e il suo ricordo resta vivo e acceso, proprio come la grande personalità della docente. A un anno dalla scomparsa della scrittrice, avvenuta il 7 luglio 2016, per omaggiare il grande contributo dato al mondo letterario, le è stato dedicato il Premio letterario Forte di Exilles (la sua tomba si trova proprio ad Exilles) ed è rivolto a giovani studenti delle scuole secondarie di secondo grado. Come si legge in un articolo: "Lo scopo del Premio è quello di promuovere una riflessione sull’opera della germanista, autrice di numerosi saggi sulla letteratura tedesca e medievale, ma anche stimolare un dibattito sul destino delle fortezze alpine piemontesi ed europee, un tempo simbolo di frontiere e divisioni ed oggi di unione e coesione tra territori e nazioni […]. In occasione dell’apertura del Forte di Exilles, l’8 luglio 2000, era stata incaricata dalla Comunità montana Alta Valle di Susa di scrivere un romanzo ambientato sul territorio". 

Per omaggiare con grande stima, colei che è stata docente, scrittrice, traduttrice e donna forte e tenace, si vuole qui riportare la testimonianza diretta di Renzo Sicco, direttore di Assemblea Teatro: Laura Mancinelli abita poco distante da casa mia così, quando mi è possibile, passo volentieri a trovarla. Mi fa piacere sedermi dall’altro lato del suo scrittoio e parlarle, guardando i suoi occhi fantasticamente vivaci. È una donna che mi offre ogni volta una gigantesca lezione di coraggio. Lo fa nella semplicità della vita, senza eroismi, come le Madres. Mentre parliamo cerco di portarla via nei miei racconti, nei viaggi, cerco di tornare a farle muovere i piedi sul pavimento, sull’asfalto, sulla sabbia e allora mi piace vederla sorridere e sognare i paesaggi che non può più abitare. So che le piacciono i tramonti! A me piace scrivere cartoline! Così continuo a inviarle tramonti dai cieli del mondo.

Si ringraziano Paolo Mancinelli e Renzo Sicco per la disponibilità e il tempo dedicatoci nel reperire le informazioni circa la vita della scrittrice e le testimonianze dirette riportate nel presente testo.

Testo di Michela Celant, volontaria del Servizio civile universale 2020/21