Amalia Guglielminetti, la rosa Crépuscule

Essa è colei che troppo sola muore,
è la notturna anima pellegrina
che persegue il suo sogno ed il suo amore.
(Amalia Guglielminetti, Anima errante, in Le vergini folli, 1907).

 

Amalia Guglielminetti (Torino 4 aprile 1881 – 4 dicembre 1941) rimane orfana del padre, un piccolo industriale, all’età di 5 anni. Viene accolta in casa del nonno paterno con la madre e i tre fratelli. Il nonno, fervente cattolico, delega l’educazione della piccola Amalia ad istituti privati religiosi.

A soli 22 anni Amalia pubblica la sua prima raccolta di poesie, Voci di Giovinezza. Ma sarà nel 1907 con l’uscita di Le vergini folli che la giovane poetessa conseguirà un primo, importante successo di critica. Il poeta Guido Gozzano, entusiasta, inizierà con lei una tormentata relazione epistolare che invano Amalia cercherà di trasformare in un concreto rapporto d’amore. Tra gli alti e bassi di questo legame, nasce la raccolta poetica Le seduzioni che, tra gli altri, riceve il plauso di D’Annunzio. Amalia collabora inoltre con La Stampa e, nel 1909 dedica un volume di poesie alla sorella Emma, morta di tifo. Gli echi della ormai naufragata relazione con Gozzano tornano nel 1913 con L’Insonne, ultimo lavoro poetico.

Amalia scriverà ancora versi, ma solo per volumi dedicati all’infanzia (Il ragno incantatoLa reginetta Chiomadoro, Fiabe in versi). 

In questo periodo conosce Dino Segre (in arte Pitigrilli), più giovane di 12 anni. Per quanto improbabile per l’epoca e per il costume, nasce tra loro una relazione che durerà fino al 1924. Pitigrilli è un informatore dell’OVRA, la polizia segreta fascista e Amalia subirà conseguenze pesanti per la sua reputazione artistica e personale proprio a causa di questa relazione.

L’amante ignoto è la sua prima opera teatrale; conosce una iniziale notorietà grazie alla famosa attrice Lyda Borelli che ne recita qualche scena a Torino. Nel 1917 esce Nei e cicisbei e nel 1919 Il baro dell’amore. Le rappresentazioni di queste opere saranno un clamoroso insuccesso.

Hanno maggior fortuna le opere in prosa: tra il 1915 e il 1920 le raccolte Anime allo specchio, Le ore inutili, La porta della gioia e i romanzi Gli occhi cerchiati d’azzurro e La rivincita del maschio nel 1923.

La relazione con Pitigrilli si esaurisce con discutibili, velenosi strascichi mondani ma anche giudiziari in cui Amalia rimane coinvolta. Questa situazione non giova alla sua vita di scrittice: nel 1928 chiude la sua rivista “Seduzioni” e interrompe ogni attività letteraria. Si trasferisce a Roma nel 1935 cercando uno sbocco nell’ambiente giornalistico, ma con scarso successo.

Torna a Torino nel 1937 dove fino alla morte condurrà una vita appartata. 
Muore il 4 dicembre 1941 in seguito a setticemia provocata da una ferita che si era procurata cadendo da una scalinata nel tentativo di raggiungere un rifugio antiaereo. Nelle sue ultime volontà, Amalia espresse il desiderio di essere sepolta con l’iscrizione “Essa è pur sempre quella che va sola” e che si istituisse un premio letterario a suo nome. Entrambe le richieste non vennero esaudite. È sepolta al cimitero monumentale di Torino.

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Per un ulteriore approfondimento puoi leggere l'articolo La rosa che Guido non colse, scritto da Marina Caramello.

L'immagine di copertina è una elaborazione grafica realizzata da Evaluna Lovera, volontaria civica.