Una salamandra torinese

Marca della Salamandra

Tra le cinquecentine della Biblioteca civica centrale di Torino è conservata una copia di un breve testo di Giovanni Filippo Gherardini, segretario del magistrato della sanità di Milano, contenente alcune istruzioni per mondare oggetti potenzialmente infettivi.

INSTRVTTIONE | GENERALE | Per purgare ogni sorte di robba | sospetta, | TANTO PER LA CITTA’ DI | MILANO, | Quanto per ogni altro luogo. | [fregio] | [marca] | IN TORINO, | Per Antonio di Bianchi, Appresso Santo Simone, & Iuda. | M D LXXXV.

4°       Segn.: A4 B4(-B4)      [7] c.

C. B3v: Modo facilissimo per purgare con poca spesa Case sospette.

Questa è la prima pubblicazione, in ordine di tempo, a presentare la sottoscrizione di Antonio Bianchi, originario di Como.
Sul frontespizio compare una marca di dimensioni 58 x 101 mm, raffigurante una Salamandra coronata tra le fiamme, che richiama la notissima insegna di Damiano Zenaro, registrata a Venezia nel 1563 e nota in tredici varianti.
Quale significato attribuire alla Salamandra presente sul frontespizio? Elemento decorativo, attestazione in forma grafica del nome dell’editore o contraffazione della marca? L’unicità del testimone pervenuto non permette, per il momento, di propendere per l’una o l’altra soluzione. Mi pare molto probabile che il legno sia giunto a Torino con il Bianchi: per quale motivo sia stato utilizzato una sola volta (a quanto mi risulta) e su questa specifica pubblicazione, non è dato sapere.
L’opuscolo presenta altri motivi di interesse. Sul frontespizio compare un piccolo fregio, che ritorna sul frontespizio dell’Opera omnia di Giulio Claro, stampata l’anno successivo a spese della Compagnia della Stampa. A c. [2]r è impresso un fregio con trigramma cristiano tra due putti a cavallo di delfini, arricchito ai due lati da piccole croci gigliate e parentesi tonde, tratte dalla dotazione della cassa tipografica: il solo fregio è presente nelle Homelie di Luigi Bigi Pittorio. Sulla medesima carta vi è poi un capolettera C, raffigurante Catone l’Uticense morente, già utilizzato nel 1582 per la stampa delle Epistole et evangelii, a spese e a cura di Francesco Lorenzini. A c. [7]v è utilizzato un capolettera H, che riproduce Eracle in lotta contro l’idra di Lerma, riconducibile alla medesima serie e già presente nei volumi sottoscritti dal Lorenzini.

Vi sono dubbi sulla reale professione del Bianchi: libraio ed editore, in talune edizioni si presenta come stampatore. Nel Decretum Gratiani del 1587 e nella scelta di opere di Marco Tullio Cicerone, impressa “ex officina Dominici Tarini” nel medesimo anno, egli si attribuisce espressamente l’attività dello stampare; mentre in altre tre edizioni (la Dichiaratione dei salmi di David di Francesco Panigarola, del 1586, le Lettere di Stefano Guazzo, del 1591, e la Comedia overo Dialogo della povertà & richezza di Bernardino Bornato, ancora del 1586) il suo nome si accompagna a quello degli editori: Giovanni Domenico Tarino per le prime due, Santo Alessandri per la terza. Sulla base degli elementi ricavati dall’Instruttione generale pare plausibile affermare che il Bianchi, al suo arrivo a Torino, o era sprovvisto di una propria dotazione tipografica o aveva acquistato quella del Lorenzini.
È da rilevare, infine, che sul frontespizio è dichiarata la sede dell’attività del Bianchi (officina tipografica o libreria che fosse): questa sorgeva nei pressi della chiesa dedicata ai santi Simone e Giuda, situata lungo l’attuale via Garibaldi, nell’isolato delimitato da via dei Mercanti e via san Tommaso, non distante dallo Studio.
Si tratta di una particolarità, in quanto l’uso di indicare sulle pubblicazioni stesse l’indirizzo delle tipografie o delle librerie coinvolte nella fabbricazione e nello smercio dei volumi è pressoché sconosciuto all’ambiente torinese: sappiamo soltanto che all’insegna di san Cristoforo “ante scholas” operarono Benedict, Ranoto ed Hébert; che Dossena aveva bottega all’insegna di san Giovanni Battista; che la libreria del Ratteri era contraddistinta dal segno del Leone rampante e situata “soto il studio”, almeno all’inizio della sua attività a Torino; che l’officina di Pietro Gaydeto era posta “appresso il Senato”; che la stamperia dei Bevilacqua, infine, sorgeva presso il ponte di Po, nell’attuale piazza Vittorio Veneto.

Collocazione BCT.78.D.51/2. L’esemplare, l’unico finora noto, è molto rifilato lungo i tre tagli, per cui non è possibile capire se fosse originariamente presente una numerazione per carte o per pagine. Si trova rilegato con una copia del Trattato della peste et febri pestilenti di Francesco Alessandri, stampato nel 1586: il frontespizio riporta la marca del Toro (costellazione) e la sottoscrizione “per Antonio de’ Bianchi” (cfr. Bersano I, p. 38 num. 14).

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Frontespizio