Fabio Bacà a Leggermente, 12 aprile 2024

«La vita è una faccenda incomprensibile e nessuna religione, superstizione o legge fisica è in grado di spiegarne il significato».
(Fabio Bacà, Benevolenza cosmica)

Nell'ambito del progetto Leggermenteil gruppo di lettura Leggere in Claudiana ha incontrato Fabio Bacà - uno dei pochi autori italiani viventi pubblicato da Adelphi - alla Libreria Claudiana. La lettura di entrambi i libri dell'autore, Benevolenza cosmica (Adelphi, 2019) e Nova (Adelphi, 2021), ha impegnato il gruppo in discussioni interminabili: sul senso e sulla ineluttabilità del destino, sulla capacità di godere delle cose belle della vita senza averne timore, sulla violenza agita o, più frequentemente, implicita e passiva, sempre presente nelle interazioni fra esseri umani. 

Fra la serie di eventi fortunati di Benevolenza cosmica e la conflittualità (sottesa o meno) di Nova c’è però un filo conduttore, che muove le vite dei protagonisti e li mette di fronte alle tante possibilità del vivere e del morire, a dei veri e propri dilemmi etici ed esistenziali, resi pratici e concreti dal dipanarsi degli eventi. La lettura di questi testi, impegnativi e coinvolgenti, ha messo le lettrici ed i lettori di Leggere in Claudiana di fronte a questioni ineludibili: fino a che punto siamo disposti a tollerare la violenza quando non ci tocca direttamente, quando non è sulla nostra pelle? Conosciamo veramente noi stessi o «le persone che amiamo» o «le persone che odiamo» o «quelle di cui abbiamo paura» (Nova)? Quanto siamo disposti ad allentare il controllo sulla nostra esistenza, per consentire che la vita semplicemente accada? Ed in ogni caso siamo disposti ad accettare tutte le conseguenze delle nostre perdite di controllo? 

«Forse non mi sono spiegato. Io non sto parlando di un lasso di tempo nel corso del quale la maggioranza dei fatti casuali mi sia diventata favorevole: parlo di un periodo inaccettabilmente lungo durante il quale la totalità di quei fatti mi è diventata propizia in modo quasi persecutorio, con picchi di benevolenza a dir poco surreali. Lo so che sembra incredibile, ma è come se la buona sorte si fosse avvinghiata a me e non intendesse scollarmisi più di dosso. È come se nella elargizione casuale degli eventi favorevoli ci fosse un enorme bug, il quale, per motivi che ignoro, mi stesse avvantaggiando in modo indecente». Così il protagonista di Benevolenza cosmica, Kurt O'Reilly, tenta di spiegare al suo vecchio professore di filosofia del liceo quel che gli sta accadendo, sperando in una qualche risposta che possa svelargli il senso della serie ininterrotta di fortunati eventi che costellano, da qualche tempo, la sua vita e che gli impediscono di accedere pienamente a tutte le «sensazioni limbiche» che caratterizzano l'essere umano. Alcune risposte il professor Stephen Lack le darà (e proprio il professore userà la terminologia «benevolenza cosmica» per descrivere la condizione di Kurt) facendo riferimento ai filosofi stoici, che invitavano ad affrontare «la buona e la cattiva sorte senza paura e senza turbamento, non colpito né dall’attacco di questa né dallo splendore di quella» (come scriveva Seneca nelle sue Questioni naturali) e proponendo a Kurt un'assunzione totale di responsabilità: essendo un uomo «incredibilmente fortunato» potrà assumersi responsabilità più grandi («Fare del bene al tuo prossimo, magari») oppure - se gli manca questo daimon - limitarsi a godere della propria fortuna senza per questo sentirsi in colpa. L’imprevisto esito finale di questo vagabondare alla ricerca di risposte riallineerà le coordinate della vita di Kurt all’interno di «una vita normale, in balia delle mattane della statistica, del karma o del destino come chiunque altro». Viene in mente sempre Seneca: «Che cosa è importante? Innalzare lo spirito al di sopra delle cose che dipendono dalla fortuna, ricordarsi della propria condizione umana, cosicché, se sarai fortunato, saprai che non durerà a lungo, se sarai sfortunato, saprai che non lo sei se non ti consideri tale» (Seneca, Questioni naturali).

In Nova (parola che non compare mai nel testo ma il cui significato viene svelato solo nell'ultimo capitolo del romanzo), Davide è un affermato neurochirurgo, poco più che quarantenne, che conduce una vita tranquilla e ordinata in un quartiere residenziale di Lucca; sposato con Barbara – logopedista e vegana – e con un figlio adolescente, ad ogni risveglio mattutino, Davide pensa alla morte, e non lo fa perché malato o depresso ma come pacificata riflessione sulla prospettiva di un «riposo eterno»: «La fine di ogni problema». Un giorno qualunque, nel mondo regolare di Davide, irrompe una variabile imprevista. In un affollato ristorante del centro la moglie subisce una molestia da parte di un avventore ubriaco e Davide, a poca distanza dal tentativo di aggressione - considerandosi «geneticamente inabile alla violenza» - osserva la scena senza il coraggio di reagire mentre un uomo sconosciuto allontana il molestatore. La vicenda diventa una crepa nell’esistenza del protagonista che arriva a mettere in discussione la propria visione del mondo, percependosi come un pavido vigliacco. Con una strana sincronicità (a cui peraltro Bacà fa riferimento nel libro ricordando la collaborazione fra il fisico Wolfgang Pauli e Carl Gustav Jung sul tema dei nessi acausali) il neurochirurgo rivede lo sconosciuto soccorritore ad un semaforo e cerca di incontrarlo. Proprio Diego, una sorta monaco zen esperto di arti marziali, diventerà per Davide un «maestro di vita» (così verrà definito con irritazione dalla moglie Barbara, che non approva questa amicizia), conducendolo da un lato verso la consapevolezza che non si possa controllare o gestire la parte selvaggia di sé negandola a priori, dall'altro verso la comprensione di come anche la violenza a scopo difensivo rimanga pur sempre un «potere ambiguo», atto ad innescare incontrollabili escalation e tragiche spirali conflittuali. In questo romanzo, il registro linguistico, al tempo stesso letterario e tecnico-scientifico, coinvolgerà i cultori di neuroscienze e di buddismo zen attraverso numerosi riferimenti e incanterà chi invece ne è digiuno, creando un affascinante effetto straniante. 

I personaggi femminili di Bacà, in particolare le mogli dei due protagonisti, appaiono quasi come creature superiori, che guardano ai loro compagni con un misto di indulgente comprensione e benevola condiscendenza. Sono persone profondamente calate nel senso delle loro vite, simpaticamente amorevoli e divertenti: Barbara, la moglie di Davide, al momento del risveglio mattutino, pensa alla vita (non certamente alla morte come il marito), al figlio innanzitutto, ai suoi piccoli pazienti alla e sua amiche più care; Liz, la moglie di Kurt, riesce a descrivere al terapeuta di coppia - che peraltro frequentano perché Liz è una scrittrice che vuole toccare con mano professioni e vite altrui per poi utilizzarle nei propri libri - la «filosofia matrimoniale» del marito - «che non prevede interesse per la salute emotiva altrui» - con elegante e spigliata ironia.

Testo di Stefania Marengo (Biblioteche civiche torinesi),in collaborazione con Graziella Graziano (Leggere in Claudiana).

La registrazione dell'incontro con Fabio Bacà è avvenuta a cura delle Biblioteche civiche torinesi. Il video è stato pubblicato sul canale YouTube delle BCT. L'evento si è svolto con la collaborazione della Libreria Claudiana.