Gabriele Vacis a Leggermente per "La compagna Natalia" di Antonia Spaliviero, 21 aprile 2022

Gabriele Vacis

Il rapporto con il testo di Antonia Spaliviero, La compagna Natalia (Sellerio, 2022), è stato da subito coinvolgente, suscitando emozioni, evocando ricordi, creando legami. Il libro, dapprima segnalatomi da Stefania Bellitti (Libreria Gulliver) è stato poi condiviso con il gruppo di lettura Villa Amoretti all’interno degli incontri del progetto Leggermente. Ci è stato chiaro fin da subito che sarebbe stato un incontro di confine; leggendo sapevamo che avremmo varcato una soglia, consapevoli che il testo era stato pubblicato postumo, che si trattava di un racconto ritrovato fra le carte di Antonia Spaliviero. Sapevamo che non avremmo incontrato l'autrice ma il marito, il regista e drammaturgo Gabriele Vacis, che avrebbe intermediato tra noi lettori/lettrici e la scrittrice. Molte partecipanti al gruppo di lettura hanno riconosciuto in questo libro un percorso comune al loro, mi hanno riferito di aver riaperto il baule dei ricordi. Oltretutto, all’inizio della seconda metà del secolo scorso i cambiamenti erano (o ci apparivano) più lenti e quindi anche persone di generazioni leggermente diverse si sono potute riconoscere nello spirito di quei tempi. Certamente Antonia Spaliviero ha saputo ricreare perfettamente un'epoca: probabilmente poter attingere ai propri diari personali (che ha tenuto per tutta la sua vita, con modalità altalenante, fin dai 13 anni) ha consentito maggiore freschezza alla sua scrittura autobiografica. Di solito gli scrittori ricostruiscono il passato grazie all'uso del correlativo oggettivo, attraverso l’inserimento nel registro linguistico di una serie di oggetti o modi di dire immediatamente riconducibili ad un periodo storico; invece questo racconto - che a volte nasce in presa diretta dai diari - ci ha fatto pensare a cose a cui non pensavamo più da parecchio tempo: per esempio ai diari di Daniele e di Anna Maria, scritti dal presbitero francese Michel Quoist, intitolati Amare e Donare, consigliati in tutti gli oratori in quegli anni; oppure alla stenografia, metodo di scrittura veloce oggi scomparso, che non è stata solo temutissima materia scolastica negli istituti professionali in cui si formavano segretarie d’azienda ma anche una crittografia misteriosa e segreta con cui compilare i diari privati e scolastici, per impedirne la lettura a genitori e curiosi. 

Siamo nella periferia torinese (in realtà a Settimo Torinese) alla fine degli anni 60, inizio anni 70. C'è la storia di un'amicizia fra due ragazze che frequentano la stessa classe di un Istituto per segretarie d'azienda. Una è la voce narrante, senza nome, impegnata con l'oratorio e in attività sociali di assistenza, innamorata di più di una persona come tutti gli adolescenti; l'altra è Natalia, diversa da tutte, misteriosa lettrice di libri dalla copertina bianca e dalle righe rosse (potrebbero essere a mio parere i volumi delle opere complete di Marx degli Editori Riuniti, che si trovavano negli stand delle Feste dell'Unità), atea, impegnata politicamente. Si parte da una fascinazione, che apparentemente sembra unilaterale ma non lo è, perché non c'è vera sproporzione di personalità: entrambe le ragazze sono combattive, determinate; un surplus energetico le caratterizza, anche se questa energia verrà incanalata verso esiti esistenziali opposti. 

Chi è veramente Natalia? Vi sono state posizioni discordi all'interno del gruppo di lettura: una persona  realmente esistita (ma chi di noi ha fatto ricerche non ha trovato riscontri in tal senso); il simbolo di una generazione che ha intrapreso una deriva violenta pur partendo da ideali di uguaglianza sociale; oppure una proiezione che la voce narrante fa di sé, un'altra Sé, più misteriosa, isolata, diversa, forte, irraggiungibile, una delle tante identità possibili celate in noi («volevo essere lei» scrive infatti la voce narrante), che solo attraverso la scrittura può finalmente prendere corpo e vita?

È un racconto che fa sorridere, a volte proprio ridere (vero monologo comico quello della confessione resa dalla protagonista nell'ufficio parrocchiale, che ritroverete nel video interpretato dallo stesso Gabriele Vacis) e poi finisce per commuovere ma commuove con onestà, senza usare trucchi, attingendo a piene mani dalla lezione di una letteratura antieroica e antiretorica di Luigi Meneghello, la cui opera Spaliviero conosceva benissimo, avendo riadattato insieme a Vacis e Paolini, nel 1989, per Teatro Settimo, Libera nos a Malo. Spaliviero probabilmente amava la teatralità del linguaggio di Meneghello ed ha saputo ricrearla ne La compagna Natalia, che vibra di una lingua viva, adatta ad essere letta ad alta voce. 

La confessione della protagonista a don Franz - umoristico «ein plein dei peccati capitali» - come già dicevamo è un vero e proprio testo teatrale ma al tempo stesso rappresenta la summa teorica di quel che probabilmente Antonia Spaliviero pensava del teatro sociale, delle pratiche teatrali per la cura della persona, del potere salvifico della narrazione: quando la protagonista incontra l'amica Natalia le ri-racconta la sua confessione, «come un attore che impara a memoria la parte» e poi «ha bisogno di dirla a voce alta»: «Io l’avevo detta al don. Adesso, ripetendola, conoscevo già le reazioni che mi aveva prodotto. Così potevo, come dire, condirla. Potevo metterci sentimenti che prima non ci avevo messo. Prima, nell’ufficio parrocchiale, subivo tutto quello che dicevo, adesso lo pilotavo». Già la scrittura ci aiuta a prendere la giusta distanza dalle emozioni negative, ma anche il racconto ad altri, ad un Tu che ci ascolta rispettoso e lieve, privo di giudizio, compie una trasformazione: una dis-avventura può diventare avventura, perdendo il prefisso peggiorativo dis. Come scrive G. K. Chesterton «Un’avventura è solo una disavventura vista dal lato buono». 

All'interno del testo alcune lettrici e alcuni lettori hanno percepito un salto temporale ed anche sintattico, una sorta di accelerazione che porta a distinguere una prima parte, molto più ampia per numero di pagine, rispetto ad una seconda, più breve e conclusiva. Alcuni hanno suggerito che in realtà questa struttura narrativa potrebbe non essere affatto casuale, per semplice assemblaggio a posteriori, ma potrebbe invece essere dovuta alla stratificazione nel tempo dei ricordi, oppure ad una precisa scelta stilistica, un coup de theatre molto efficace, dato dal voler riassumere tanti anni in poche frasi (un po' come nel romanzo breve L'amico ritrovato di Fred Uhlman che solo nelle brevi frasi del finale conduce verso una risoluzione). 

Il tè con i morti - che la voce narrante prende tutti i giorni alle diciassette - rivela infine l'anima malinconica di Antonia Spaliviero, consapevole del privilegio di frequentare una sorta di scuola di piccoli maestri, che insegnano anche con il loro silenzio; spesso (auto)ironia e malinconia convivono nelle persone dotate di humour come coppie di contrari ed opposti che però si completano e potenziano.

La nostra identità è principalmente una identità narrativa, ci raccontiamo ed anche ce la raccontiamo; ma imparando a raccontarsi ciascuno di noi impara anche a raccontarsi altrimenti. La vita, affinché sia una buona vita, richiede spesso un montaggio in forma di racconto: Antonia Spaliviero ci ha insegnato proprio questo attraverso La compagna Natalia, che ogni vita merita un romanzo. 

Testo di Stefania Marengo (Biblioteche civiche torinesi)

La registrazione dell'incontro con Gabriele Vacis per la presentazione de La compagna Natalia di Antonia Spaliviero è avvenuta a cura delle Biblioteche civiche torinesi; il video è stato pubblicato sul canale YouTube delle BCT.