La Biblioteca in corso Palestro: la nuova sede (1929-1943)

La sede della biblioteca in corso Palestro nel 1929

Premessa

In questa scheda e nelle schede a essa collegate verranno presentate le principali fonti documentarie disponibili relative alle sedi che la Biblioteca civica ha occupato nel corso del tempo.
Per chiarezza di esposizione si è scelto di redigere una scheda per ciascuna sede, più una scheda preliminare dedicata alla lunga e controversa discussione in Consiglio comunale che precedette la decisione finale di collocare il nuovo Istituto presso il Municipio.

Quale sede per la nuova biblioteca?: le proposte (1855-1869)
La Biblioteca a Palazzo civico: il problema dello spazio (1869-1929)

La Biblioteca in corso Palestro: la nuova sede (1929-1943)
Palazzo Carignano: una sede provvisoria (1948-1960)
Via della Cittadella: la sede ricostruita (dal 1960 a oggi)

L'inaugurazione

La nuova sede della Biblioteca civica in corso Palestro viene inaugurata nell’ottobre 1929, insieme ad altre opere pubbliche realizzate nel corso dell’anno, in occasione delle celebrazioni fasciste per la ricorrenza del settimo anniversario della marcia su Roma. È presente il Ministro dell’agricoltura Giacomo Acerbo.
Nell’articolo Le opere pubbliche di Torino compiute nell’anno settimo - ottobre 1929, insieme al resoconto della “gloriosa” giornata sono presenti le particolareggiate descrizioni delle nuove opere tra cui la nuova Biblioteca, che qui riportiamo.

L’inaugurazione dell’edificio in corso Palestro, ove di recente hanno trovato definitiva e opportuna sistemazione le raccolte della Biblioteca Civica, corona il voto già espresso nel 1884 e le costanti aspirazioni delle successive Amministrazioni municipali di dare alla Biblioteca della Città una sede degna dell’alta funzione che le compete e adatta ad assicurarne il crescente e continuo sviluppo.
I pochi ambienti, infatti, del palazzo municipale dove, nel 1869, a distanza di quattordici anni dalla prima proposta di Giuseppe Pomba al Consiglio Comunale per la istituzione d’una pubblica Biblioteca in Torino a spese dell’Amministrazione del Comune, erano stati allogati i primi 20.000 volumi e l’unica sala di lettura, ben presto erano divenuti insufficienti a contenere la suppellettile libraria che, di anno in anno, e per acquisti e per doni cospicui era affluita ad incremento delle raccolte.
E si lamentava
non soltanto l’incapacità della sede, ma anche l’impossibilità di ordinarvi i volumi della Biblioteca secondo le regole dell’arte e di attuare le necessarie provvidenze in difesa dell’integrità del patrimonio librario. Vari i progetti e i rimedi, già fin d’allora escogitati e proposti, tra i quali l’ampliamento effettuato nel 1894, con sacrificio di taluni uffici limitrofi, che servì solo a mitigare l’urgenza di un radicale provvedimento, ma non a risolvere il problema, il quale si presentò pochi anni di poi ancora più minaccioso e imperioso.

Né mancò invero l’Amministrazione di preoccuparsene e studi e progetti furono continuati nel 1906, ripresi nel 1910 e presso che condotti a termine nel 1913, ma ora per necessità di bilancio, ora per varie circostanze frapponentisi, non fu possibile se non nel 1925 di prendere alcunadeliberazione e mandarla ad effetto. A quell’anno infatti, l’Amministrazione straordinaria del Comune, constatato che non era possibile migliorare anche temporaneamente le condizioni della Biblioteca, mantenendola nel palazzo civico, anche quando con ingente spesa, fosse stata dotata di nuovi locali a detrimento di altri uffici, prese in esame la soluzione dell’adattamento dello stabile municipale di corso Palestro, in allora ancora occupato dagli Archivi di Stato di Guerra e Marina, poi traslocati nel palazzo apposito di via Santa Chiara. L’Ufficio tecnico municipale allestì un progetto di massima per tale adattamento e pertanto il Commissario Prefettizio deliberò il 18 novembre 1925 il trasferimento della Biblioteca nella nuova sede da allestirsi, approvando il progetto e il preventivo ammontante a lire 2.400.000 escluso l’arredamento, e mandando a stanziare in bilancio un primo fondo di un milione di lire. Le rimanenti lire 1.400.000 vennero stanziate nel bilancio 1928 unitamente a lire 300.000 per le opere di trasporto dei libri, di catalogazione, ecc., ed altre 500.000 vennero in seguito stanziate nel bilancio 1929 per la fornitura del mobilio e degli arredi vari.

L’edificio che occupa un’area di circa1275 mq., è situato tra le vie Cittadella, Bertrandi, Perrone e il corso Palestro sul quale ha il fronte principale e l’ingresso. Vi si accede attraverso grandi portoni in ferro a vetri, muniti di bussola pure in ferro a vetri. Da essi si possa, salendo due scalini, in un atrio di m. 10 x 5, alla sinistra del quale si apre una porta di accesso al locale per il custode, a destra un’altra porta comunicante con una saletta di attesa. Sopra a tali porte sono collocati due bassorilievi in stucco con figurazioni allegoriche del diletto e gravità dello studio. Frontalmente ai tre ingressi, si aprono tre ampie vetrate dalle quali si accede ad uno spazioso vestibolo di m. 18 x 7. Alle pareti sono collocati quattro bassorilievi rappresentanti l’evoluzione del libro attraverso le varie epoche. Dal vestibolo attraverso una porta fronteggiante la sala d’attesa, si passa in un largo corridoio che disimpegna gli uffici per gli impiegati e nel quale si apre pure la porta che dà accesso alla sala riservata di consultazione. In tale sala sono collocati lungo le pareti gli scaffali e sono a disposizione dei lettori 12 tavolini separati da basse vetrate, muniti di cassettino a chiave, con poltroncine girevoli. Una leggerissima scaletta mobile in tubo di ferro vuoto permette di raggiungere i piani più alti degli scaffali. Da due porte fronteggianti l’ingresso al vestibolo si passa invece da questo allo scalone a tenaglia di accesso al primo piano. Tra le rampe è collocata una fontana decorativa in marmo con toro in bronzo, davanti a una nicchia illuminata.

Si accede per di qui al primo piano e nel salone dei cataloghi, dove sono collocati gli scaffali per gli schedari sia a soggetto che alfabetico per autore. Nel fondo della sala vi è il banco di distribuzione che tiene tutta la larghezza della sala, separando così il pubblico dal personale di servizio. Nella parete retrostante al banco è inciso a grandi caratteri il motto: Tolle et lege. Nel centro del salone sono a disposizione del pubblico tavolini per la consultazione dei cataloghi e la compilazione della scheda di richiesta delle opere. Dal salone dei cataloghi, si passa direttamente in quello di lettura, che occupa tutto il fronte dell’edificio lungo il corso Palestro ed ha una superficie di m. 28,50 x 12; in esso trovano posto 130 tavoli di lettura disposti in modo razionale per la loro illuminazione che ha luogo di giorno attraverso 17 ampie finestre aprentesi sui tre lati della sala e di sera mediante 10 grandi diffusori. Ogni posto è munito d’una poltroncina girevole e di un leggio graduabile. I radiatori per il riscaldamento sono dissimulati da griglie di ferro. Le pareti sono spugnate e lavabili, come quelle degli ambienti precedenti, e sono ornate di opportuni motti tratti dalle opere di Michelangelo, Dante e Leonardo. Dal salone di lettura, all’angolo verso la via Cittadella, si passa attraverso un locale di disimpegno, nella sala dei disegnatori, di m. 8,50 x 13,50. I disegnatori hanno a loro disposizione 24 tavoli da disegno con sgabelli a vite e quattro per consultazione e possono ritirare direttamente le opere di maggior formato attraverso uno sportello in comunicazione con i magazzini librari. Sei diffusori illuminano razionalmente la sala che di giorno prende luce da sette grandi finestre prospicienti la via Cittadella ed il cortile interno.

Dal corridoio a fianco dello scalone, a pian terreno si passa, come si è detto, agli uffici del Direttore, del Segretario, dell’Archivio e dell’inventario, situati lungo la via Bertrandi. Il corridoio comunica pure con l’ambiente principale delle scaffalature per il deposito dei volumi, che tiene tutta l’altezza dell’edificio verso la via Perrone. Le scaffalature in ferro fornite dalla Casa Lips-Vago di Milano, posano su di un robusto telaio, completamente staccato dalle murature perimetrali dell’ambiente il quale è diviso in quattro piani dell’altezza di m. 2,50 da orizzontamenti in ferro, ricoperti di linoleum formanti corpo unico con le scaffalature stesse; data la piccola altezza, i libri sono facilmente raggiungibili senza bisogno di scale portatili, mediante un predellino mascherato dagli scaffali. I vari piani sono in comunicazione fra di loro a mezzo di due scalette pure incorporate nella struttura delle scaffalature e da un doppio montacarico elettrico per il rapido trasporto dei libri. Gli scaffali sono muniti di tavolette mobili agganciate ad una dentiera che ne permette lo spostamento regolabile di centimetro in centimetro. Le varie corsie in cui è diviso ogni piano degli scaffali, prendono luce da ampi finestroni verso la via Perrone e da altri quattro verso la via Cittadella; verso il cortile vennero anche ricavate delle finestre ad ogni piano frontalmente ad ogni corsia. Nelle ore serali queste sono illuminate da tante lampade disposte sul loro asse. Ogni piano di scaffali è completamente isolato dagli altri così da formare tanti compartimenti stagni. Da questo salone, a piano terreno, si passa in tre sale pure occupate da scaffali dello stesso tipo di quelli precedenti, poste in comunicazione con il vestibolo da una porta normalmente chiusa. In esse sono radunate le collezioni teatrali e la Bibliografia sul Piemonte. Sono così circa 6000 metri lineari di libri che possono tener posto nei vari magazzini. Al primo piano, posteriormente al banco di distribuzione si aprono, nel salone dei cataloghi tre porte: una in comunicazione col terzo piano del principale magazzino librario; una che conduce ai gabinetti e la terza che comunica con una saletta a tre finestre per gli impiegati addetti alla distribuzione ove lungo una parete sono disposti ampi scaffali per i libri di frequente consultazione e per le stampe di grande formato.

Il criterio di distribuzione dei locali nell’edificio è stato quello di separare i locali dei magazzini librari per uffici da quelli frequentati dal pubblico. Analoga disposizione è stata osservata nei riguardi dei locali di servizio. La saletta del custode è in comunicazione dell’alloggio da esso abitato, al quale si accede però anche dall’esterno per mezzo di una portina all’angolo di via Cittadella e del corso Palestro, dalla quale si ha pure accesso ad una scaletta che scende al piano sotterraneo. Qui sono situati, nella metà verso il corso Palestro i servizi: la restante parte potrà in seguito essere adibita a magazzino librario e vi si accede da una scala posta nel corridoio degli uffici. Le due porzioni sono così tra loro del tutto indipendenti. Nella parte del corridoio adibita ad uffici si trova la batteria per l’impianto della segnalazione incendi; due cabine elettriche una per l’illuminazione pubblica l’altra per l’illuminazione interna dell’edificio; un ambiente in cui è situato il macchinario dell’impianto di assorbimento della polvere, una cantina per il custode, la camera delle caldaie per l’impianto del riscaldamento ed un ampio deposito per il combustibile. A pianterreno, a fianco dello scalone è ricavato un locale ad uso guardaroba per il pubblico. Armadietti guardaroba son disposti anche nei corridoi che tanto al pianterreno che al primo piano che al primo piano danno accesso ai gabinetti di decenza per gli impiegati. I gabinetti per il pubblico si trovano invece al primo piano, distinti per signore e signori e ad essi si accede dall’andito di passaggio tra il salone di lettura e quello per i disegnatori.

Tutti i locali, fatta eccezione dell’atrio e del vestibolo in marmo, sono pavimentati in linoleum tipo sughero a due colori. Sia le porte che i mobili sono tutti completamente in ferro di apposita costruzione e studiati così come le decorazioni ed ogni altro particolare dell’edificio dal Servizio Tecnico Municipale in relazione alla loro speciale designazione. Le poltrone sono girevoli, imbottite e ricoperte di velluto, porte e mobili sono verniciati in grigio di varia tonalità, con pomi in ottone, mentre gli altri finimenti sono in ferro cromato lucido. Sia a piano terreno che al primo piano si hanno delle bocche per la spazzatura. L’impianto di riscaldamento è a termosifone, con caldaie nel cantinato, tubazioni incassate nei locali più importanti e radiatori negli ambienti da riscaldare, dissimulati in apposite nicchie nei locali frequentati dal pubblico.

La ventilazione dei vari ambienti è assicurata da canne di introduzione in comunicazione con l’esterno e l’estrazione dell’aria viziata avviene da bocche con rete metallica cromate comunicanti con canne comunicantesi nel cantinato. L’impianto di illuminazione ha il quadro generale di comando nella saletta del custode in un apposito armadio a muro; altri quadri minori sono collocati al primo piano in armadietti a muro, chiusi da sportelli. Tutte le condutture sono incassate nei muri e nei soffitti. Per quanto le disposizioni adottate eliminino ogni pericolo d’incendio, è stato pure disposto un impianto di segnalazione costituito da speciali apparecchi dissimulati nei vari locali. In ogni ambiente sono poi collocati degli idranti per spegnimento. Di più in ogni ambiente sono collocate una o più bocchette in comunicazione con un aspiratore situato nel sotterraneo, per la rapida pulizia sia dei locali che dei mobili e dei volumi.

Mentre si eseguivano i lavori di adattamento e arredamento dello stabile, la Direzione della Biblioteca, intanto, studiava il piano di trasporto della suppellettile libraria dalla vecchia alla nuova sede e curava tempestivamente l’organizzazione dei servizi per la futura esecuzione di esso. Previa una completa ricognizione del patrimonio librario e dello stato del suo ordinamento nella vecchia sede in relazione all’ordinamento da conferire ai volumi nei nuovi ambienti destinati a magazzino librario, si cominciò a distinguere quella parte di volumi che potevano trasportarsi e collocarsi nella nuova sede secondo l’ordinamento già ricevuto nella vecchia sede, da quella parte per la quale invece si rendeva necessario rifare completamente l’ordinamento e quindi la correzione delle schede relative, per adeguare la segnatura della loro collocazione al tipo degli scaffali e della loro distribuzione nei magazzini della nuova sede. Si constatò che circa la metà dei volumi posseduti dalla Biblioteca dovevano essere sottoposti a queste preliminari operazioni prima di essere trasportati e che delle collezioni, come per esempio quella dei Periodici, dovevano anche e per la prima volta, formarsi e ordinarsi secondo le norme più recenti di biblioteconomia, richiamando i vari volumi sparsi in varie collocazioni per formarne speciale sezione. Di più si presentò la necessità di curare altresì l’impianto di un nuovo catalogo generale sia alfabetico per autore che a soggetto, che potesse essere, nella nuova sede consultato direttamente dal pubblico e non per il tramite degli impiegati, come avveniva e avviene, ancora, in parte per il vecchio catalogo di cui la maggior parte delle schede conteneva e contiene indicazioni non esatte né complete dal punto di vista bibliografico. Così mentre in servizio straordinario gli impiegati della Biblioteca procedevano, grado a grado al riordino dei volumi e alla parziale schedatura a nuovo di essi, d’accordo con l’Ufficio Economato si studiava il tipo più adatto di cassa per trasporto dei volumi, e il mezzo più rapido e più sicuro e anche più economico del servizio di trasporto stesso. Si venne alla conclusione che il trasporto si sarebbe effettuato per mezzo di camions municipali convenientemente attrezzati, e serviti da una squadra di fatica composta di uomini opportunamente scelti per capacità fisica e degni di ogni fiducia dal personale del Municipio.

Si fecero d’uopo costruire un congruo numero di casse in legno di diverse dimensioni in due tipi, a contenere i diversi formati, munite di maniglie mobili. Intanto, essendo pronti e scaffalati taluni ambienti della Biblioteca, nuova sede, il 12 aprile 1929 si iniziò il trasporto dei volumi della sezione Teatro, e nei giorni successivi si trasportarono e collocarono nelle nuove scaffalature precedentemente ad essi destinati, secondo un piano organico di razionale distribuzione, i volumi costituenti il fondo "librerie", per avere essi un ordinamento e una segnatura di collocazione tale che, come si è detto, poteva senza alcuna modificazione essere conservata, perché adatta a ricomporre le collezioni librarie nel loro antico ordinamento, anche negli ambienti della nuova sede. Le operazioni di trasporto di questa prima parte di di fondi librari durarono quasi tutto il mese. Importa però notare che non ostante il lavoro del trasporto di tali collezioni con l’impiego di buona parte del personale della Biblioteca, fu possibile tenere aperte al pubblico ancora le sale di lettura nella vecchia sede, rendendo disponibile il materiale che non era ancora da trasportarsi. E ciò, con grande soddisfazione del pubblico. A tal uopo il personale dipendente fu diviso in due gruppi: uno di servizio per il funzionamento della Biblioteca nella vecchia sede con incarico di attendere alle richiese del pubblico e alla distribuzione di lettura del materiale disponibile e altresì alla cura di incassare ordinatamente il materiale librario che era da trasportarsi il giorno dopo; un altro gruppo di servizio nella nuova sede con l’incarico di ordinare giornalmente negli scaffali, secondo le precedenti istruzioni impartite, i volumi che giornalmente vi affluivano. Si lasciò alla squadra di fatica solamente l’incombenza del carico delle casse sul camion e del loro rispettivo scarico fino al piano delle nuove scaffalature.

Durante il tragitto il camion era opportunamente scortato da guardie civiche del Municipio in bicicletta.

È superfluo aggiungere che in caso di pioggia il carico era protetto da una copertura impermeabile e si deve qui con soddisfazione registrare che nessun incidente durante le operazioni di trasporto e di ordinamento, si verificò, e nessun danno riportarono le persone e i libri. Mentre intanto seguiva il trasporto delle collezioni suddette e prima ancora che fosse tutto effettuato, gli impiegati addetti in servizio straordinario al riordinamento o alla formazione delle collezioni di quei volumi che, come si è detto, non avevano avuto mai nella vecchia sede, la collocazione che ormai dall’uso è consacrata come la più adatta per alcune tipiche classi di volumi, avevano già approntato con lodevole sollecitudine e con scrupoloso senso di intelligente responsabilità, l’ordinamento, la tassellatura con relative schede, di tutte le pubblicazioni periodiche della Biblioteca, morte e vive, trascelte di tra la cospicua congerie di circa 150.000 volumi e richiamati dalle loro varie collocazioni a costituire, con segnatura propria, un gruppo a sé, distinto in due grandi sezioni, costituite l’una dai giornali quotidiani o dai periodici aventi un carattere o una funzione affine, e l’altra dalle pubblicazioni periodiche di carattere più strettamente scientifico o culturale in genere come le riviste. Anche questa sezione fu a sua volta distinta nella classe dei periodici morti da quelli ancora in corso.

Così pure di tutte le pubblicazioni che la Biblioteca possedeva e possiede riguardanti il Piemonte in genere, la città di Torino in particolar modo e la Casa Savoia, si costituì, richiamando anche queste dalle sparse collocazioni che avevano ad una unità di segnatura, una speciale sezione che tutte ordinatamente le raccogliesse che s’intitolò al Piemonte e si distinse in quattro serie di aggruppamento, Torino, Piemonte in genere, e in particolare per i paesi che lo compongono o componevano il territorio dell’antico Stato Sardo, Storia sabauda, e folcklore in genere e letteratura dialettale in ispecie, e si collocò in una adatta saletta della nuova Biblioteca. Durante le operazioni per la formazione di questi nuovi aggruppamenti tornò opportuna l’occasione, di verificare e separare in apposito reparto le pubblicazioni in doppio e triplo o multiplo esemplare possedute dalla Biblioteca e ciò allo scopo non solo amministrativo o bibliotecnico, ma anche al fine di liberare le collezioni librarie che dovevano trasportarsi in un secondo tempo e ordinarsi negli scaffali della nuova sede, di tutto il superfluo.

Terminato intanto il trasporto e la collocazione di questa prima parte dei volumi nella nuova sede, si iniziò quello più complesso del trasporto e del riordinamento della seconda parte dei volumi, di quelli cioè che nella vecchia sede avendo ricevuto già una collocazione e la rispettiva segnatura adeguata alla varietà dei tipi degli scaffali colà in uso e dei diversi ambienti dove erano allogati, dovevano completamente trasformare il loro ordinamento e prendere come nuova segnatura di collocazione quella dipendente dal tipo e dalla posizione dei nuovi scaffali in cui sarebbero stati ricollocati. Di più si dovette affrontare e superare anche qualche difficoltà, di ordine puramente meccanico, per rilevare e incassare quei volumi collocati e disposti negli scaffali delle gallerie ricorrenti nella parte superiore di due grandi sale, data anche la poca stabilità delle passerelle, la breve superficie di esse, l’altezza a cui si trovavano e le strette scalette a chiocciola per cui era impossibile portare la cassa ai piedi di quegli scaffali e, peggio, di poterla far discendere piena. Ma senza ricorrere ad impianti complicati e pericolosi di carrucole od altro, un mezzo semplicissimo ed estremamente pratico sovvenne a questa necessità: cioè, un telo da tenda stretto e lungo quanto era necessario per costituire un piano inclinato, leggermente concavo, dal parapetto della galleria fino al piano della sala, su cui dall’alto si facevano scivolare rapidissimamente e senza alcun danno per i libri, uno dopo l’altro i volumi che un uomo al basso riceveva ordinatamente e deponeva nelle casse nell’ordine stabilito. Intanto fu necessario chiudere al pubblico la Biblioteca, mobilitare quasi tutto il personale in servizio presso la nuova sede per attendere all’ordinamento e alla collocazione dei volumi negli scaffali, alla loro ritassellatura secondo la nuova posizione assunta e alla formazione di un repertorio che registrasse a fianco delle vecchie segnature ancora registrate dalle schede corrispondenti ai singoli volumi, quelle nuove che i volumi stessi man mano assumevano e ciò per evitare la gravosa e lunghissima operazione della correzione delle singole schede e prestare un rapido strumento per lar icerca dei volumi quando la Biblioteca si fosse aperta al pubblico.

Collocato all’ultimo piano dei nuovi magazzini librari tutto il fondo librario di scarsa consultazione e tutti i doppi, si ordinò nella zona di scaffalatura corrispondente al piano di comunicazione con la sala dei cataloghi e di distribuzione, tutto il materiale più vivo, concentrando anche in distinta zona di scaffali tutte le pubblicazioni in materia d’arte in vicinanza dello sportello di comunicazione con la sala per i disegnatori e gli studiosi d’arte, mentre nelle due zone sottostanti erano già state in un primo tempo ordinate le collezioni dei periodici, delle pubblicazioni ufficiali e degli atti accademici e nella zona a pian terreno i fondi di provenienza privata come le librerie, le collezioni sul Risorgimento nazionale e sul Fascismo; nelle salette speciali, la Sezione Piemonte, la Sezione Teatro, la Sezione Giobertiana, la Sezione Manoscritti e opere rare, e le opere di consultazione nella sala di studio riservata. Le operazioni di trasporto furono compiute esattamente a due mesi di distanza dal loro inizio e cioè il 13 giugno giorno in cui le operazioni stesse si chiudevano col trasporto alla nuova sede degli schedari formanti il vecchio catalogo e degli elementi che cominciavano a costituire i nuovi cataloghi alfabetico, sistema Staderini e a soggetto, di cui a cura del personale specialmente femminile erano state già allora redatte con ogni diligenza e scrupolosa osservanza delle recenti norme dettate dal Ministero per la compilazione dei cataloghi delle pubbliche Biblioteche circa 30.000 schede.

"Gli anni più belli"

Nel luglio 1930, a poco meno di un anno dall’inaugurazione, un funzionario della Biblioteca, Alvise Grammatica, osserva, nel suo Fra i libri e lettori della Biblioteca Civica: commento alle statistiche, che già dai primi dati statistici successivi al trasloco emerge il positivo salto di qualità compiuto dall'Istituto nell’offerta di servizi e nel gradimento del pubblico. L’autore mette a confronto i dati dei primi tre mesi del 1929 e del 1930: Il trasferimento della Biblioteca Civica dalla vecchia sede del Palazzo Comunale al nuovo edificio di corso Palestro ha permesso di realizzare, non soltanto un più moderno e decoroso riassetto dell’importante istituto di cultura, ma anche un perfezionamento nell’organizzazione dei suoi servizi e quindi un maggiore incremento delle sue utili attività in favore di coloro che studiano e degli artigiani che desiderano migliorare sé stessi e il proprio lavoro. Le cifre segnate dalla statistica sulla frequentazione dei lettori nel primo trimestre 1929 (vecchia sede), messe a confronto con quelle del primo trimestre 1930 (nuova sede), permettono di documentare questo rilievo con piena e conforme evidenza. Mentre negli ultimi tre mesi di permanenza della Biblioteca civica nei locali del Municipio, i frequentatori assommavano complessivamente a 15.845 con una richiesta di opere pari a 21.438 volumi, i lettori che durante i primi tre mesi del 1930 sono affluiti alla nuova sede sono saliti a 17.844, con una consultazione di 22.441 volumi. L’aumento registrato nel periodo gennaio-marzo del 1930 è stato dunque di 1999 lettori e 1003 opere: aumento tanto più notevole in quanto esso coincide col primo funzionamento della Biblioteca nella sede meno centrale di corso Palestro, e perché esso contrasta con le previsioni che legittimamente si potevano concepire riguardo ad un primo probabile deviamento dei suoi abituali e assidui frequentatori.

Le cifre della statistica consentono all’autore alcune interessanti riflessioni sul pubblico della biblioteca: Queste cifre suggeriscono alcuni rilievi di particolare interesse per l’attività della Biblioteca e per la precisa definizione del pubblico che la frequenta. L’aumento segnato dalla statistica è anzitutto da riferirsi al maggior numero di lettori che si sono portati alla Biblioteca Civica durante le ore serali Questo accrescersi dei frequentatori serali va segnalato a titolo di giusta ambizione dell’Istituto trattandosi, in grande prevalenza, di persone che durante il giorno sono occupate in pubblici uffici e in cantieri di lavoro e che nelle uniche ore libere accorrono alla Biblioteca del Comune per ampliare le proprie cognizioni e migliorare i propri mezzi di produzione, sia intellettuale, sia tecnici o manuali. Le cifre segnate dalla statistica riguardo al genere delle opere consultate dal pubblico confermano e avvalorano questo rilievo Fra le molte comodità e agevolazioni offerte dalla Biblioteca Civica a chi studia - comodità d’ambiente, disponibilità di cataloghi alfabetici per autore e per soggetto, agevolazioni d’orario ecc. - è specialmente apprezzata e largamente usata la facoltà di prelevamento di opere per la consultazione a domicilio.
Questo servizio di prestito - condizionato a garanzie puramente morali - ha segnato un nuovo incremento durante i primi tre mesi dell’anno in corso, elevando al n. di 2303 le opere distribuite, contro opere 1312 distribuite nel primo trimestre del 1929, con una differenza in più di 991.
Un altro rilievo è offerto dalla statistica, là dove essa registra, accanto all’aumento dei lettori nelle ore serali, una diminuzione dei lettori nelle ore diurne.


Conclude l’autore:
Tornerà opportuno ricordare che la vecchia sede della Biblioteca era situata in un luogo più centrale e che, insieme con la folla di coloro che vi affluivano per ragioni di studio, accedevano ad essa anche numerose persone che si portavano al Palazzo Municipale per varie incombenze e qui dovevano, oppure amavano indugiare; inoltre, la Biblioteca era méta di sosta e di rifugio di quello speciale ceto che è solito brigare nei pressi dei pubblici uffici: Pretura, Tribunali, Anagrafe, ecc. Il trasferimento della Biblioteca Civica nella sua nuova, decorosissima sede di Corso Palestro, ha permesso di realizzare così quell’opera di selezione dei propri frequentatori che era auspicata. Ce ne danno riprova le cifre registrate dalla statistica riguardo alle condizioni sociali dei frequentatori; per il primo trimestre del 1930 si è avuto un aumento di 1153 studenti e di 1880 persone che appartengono a professioni varie; è, invece, diminuito di 2995 persone l’afflusso degli operai (la definizione di "operaio" è quella consuetamente e spicciativamente adottata per tutti coloro che non hanno un mestiere definito e abituale; i veri operai, sono, invece, tra i frequentatori assidui delle ore serali e della domenica mattina: "clientela" zelante e volonterosa della Biblioteca che per tradizione si propone e asseconda il miglioramento delle classi popolari).
I raffronti tra i primi trimestri del 1929 e 1930 segnano ancora un notevole e significativo aumento nella frequenza delle lettrici Questi dati della statistica confermano i rilievi che abbiamo fatto più sopra, riguardo al pubblico che la nuova biblioteca attrae nelle sue quiete sale luminose, per desiderio e bisogno di studio, per amore di elevazione intellettuale e spirituale.

Sempre al confronto dei dati statistici relativi al 1929 e al 1930, questa volta però riferiti alle annate intere, si dedica il direttore Luigi Màdaro nell’articolo La Biblioteca civica di Torino nel 1930 : relazione del direttore pubblicato nel febbraio 1931 sulla rivista "Torino". Circa 18 mesi soltanto sono passati da quando, sciogliendosi finalmente il voto intorno a cui, per tanti anni, s’era annodato l’intrico di vari e sempre vani progetti, la Biblioteca si trasferiva dalla sua originaria sede nel Palazzo Municipale, a quella più adatta stanza che nell’edificio di corso Palestro illuminata prudenza di Amministratori della pubblica cosa e amorevole perizia di tecnici avevan preparato; e la concepita speranza di aver potuto ad essa conferire col nuovo assetto rinnovata vita e saldezza di fortuna, è andata sempre più palesandosi come una raggiunta certezza di cui i confortevoli risultati, che, per l’anno 1930, con sentito compiacimento, qui registriamo, ancora una volta rendono prova.

Per quanto riguarda la frequenza dei lettori l’autore scrive: Non dubbio indizio del maggior favore che l’attuale sistemazione della Biblioteca ha incontrato e incontra presso gli studiosi, è la frequenza di essi nelle sue sale, il numero dei volumi consultati, la loro qualità in quanto alla materia trattata. La grande sala di lettura, quella speciale dei disegnatori e la saletta riservata di consultazione, provvidamente istituita e dotata di opere le più adatte allo scopo, nell’anno 1930 hanno ospitato, infatti, 51.421 lettori complessivamente, dando luogo allo studio di 65.165 opere. Tenendo presente che nell’anno 1929 i lettori furono 41.299 e le opere consultate 51.747, l’aumento di 10.162 in lettori e di 13.418 in opere che le statistiche registrano a favore di quest’anno, è un sintomo significativo e assai confortante. Né la considerazione che nell’anno 1929 la Biblioteca fu chiusa, per effetto delle operazioni di trasporto della suppellettile libraria, un mese in più del normale, può togliere gran che di valore a questa constatazione. Da un particolareggiato esame statistico appare che tale aumento va riferito proporzionalmente a tutti e due i turni di servizio che la Biblioteca effettua a vantaggio degli studiosi: il servizio diurno della durata di 6 ore, compreso il festivo di 3 ore soltanto, e il serale, da gennaio ad aprile e da ottobre a dicembre, per 2 ore e mezza; né va taciuto che nel rapporto della media per seduta il maggior contributo di lettori lo portano le sedute serali e quelle festive (140 lettori in media per seduta). In seduta diurna i lettori furono, infatti, 33.682 e le opere richieste 43.927; in quella serale 10.255 i lettori e 13.684 le opere contro i 29.128 lettori e 36.783 opere, e gli 8461 lettori e le 11.254 opere che le statistiche segnalarono rispettivamente per il 1929.

Sempre Màdaro, nell’articolo La Biblioteca civica di Torino nel biennio 1931-32 (IX-X) pubblicato nell’aprile del 1933 ancora sulla rivista "Torino", premette al consueto resoconto sull’attività dell’Istituto (frequenza dei lettori, incremento della suppellettile libraria, doni, lavori bibliografici, disciplina e regolamenti, attività varia e propaganda) un’interessante rassegna di giudizi formulati a livello nazionale sulle qualità del nuovo edificio della Biblioteca civica di Torino: Nel dare inizio alla presente relazione sull’attività biennale della Biblioteca, sia lecito volger lo sguardo anche un po’ al di là degli anni di cui particolarmente è debito dar conto e in breve rilevare i giudizi che tecnici e studiosi, vivamente interessati alla recente sistemazione edilizia ed organica della Biblioteca, hanno pronunziato sull’odierno assetto di essa, in varie e pregiate pubblicazioni delle quali è pure opportuno prender nota. A non contare quanto ebbe a scriverne, e a più riprese, la stampa locale prima e dopo l’inaugurazione, non merita certo di esser lasciato fuori di considerazione lo studio che sulle Biblioteche moderne pubblicava l’architetto Robaldo Morozzo della Rocca nei due fascicoli di "Architettura e Arti decorative" dell’agosto 1929 e aprile 1930 e in cui si ebbe con lode a segnalare "la perfetta attrezzatura moderna" della Civica torinese e giudicarne l’insieme "modello ammirevole di buona distribuzione e di decorazione sobria quanto elegante". Né può mancare di essere segnalato l’ampio e lusinghiero commento che delle sobrie notizie illustrative pubblicate in questa stessa Rivista nell’ottobre 1929 volle autorevolmente fare il Sen. Vittorio Cian in "Echi e Commenti" del 5 gennaio 1930.

Di particolare onorevole menzione, salvo qualche riserva in merito alla stilistica decorativa e alla completezza metallica dell’arredamento, faceva poi oggetto la nostra Biblioteca Luigi De Gregori, direttore della Casanatense di Roma e uno fra i più appassionati studiosi di problemi biblioteconomici, in una sua relazione letta al primo Congresso dei Bibliotecari italiani, tenutosi a Roma nel 1930 e pubblicata in "Accademie e Biblioteche d’Italia" nel fascicolo 3-4 del febbraio 1932. Intrattenendosi ad illustrare la necessità di edifizi moderni per le Biblioteche italiane, anch’egli giudicava, infatti, il nuovissimo edificio torinese costruito in modo da rispondere nell’insieme e nei particolari a tutte le esigenze di un modernissimo regime di biblioteca e plaudiva al Comune per esser stato il primo ad aver sentito in Italia l’orgoglio di creare ex-novo la sua Biblioteca. Seguì Albano Sorbelli, il valoroso Direttore dell’Archiginnasio di Bologna, che nell’ampia, acutissima, precisa e coraggiosa disamina esposta in "Pegaso" (an. III, n. 1, novembre 1931) sullo stato delle Biblioteche italiane, indicava egli pure la sistemazione della Civica di Torino, come il più recente e purtroppo non ancora superato dei pochissimi esempi di Biblioteche moderne esistenti oggi in Italia. È infine da ascrivere a segno di particolare distinzione l’aver essa meritato che ad esempio dei più moderni impianti bibliotecari sia stata riprodotta nel volume VI dell’"Enciclopedia italiana" una visione delle scaffalature metalliche che vi sono impiantate. A codeste affermazioni fanno riscontro le dichiarazioni verbali di quanti italiani e stranieri hanno voluto visitarla e sono tra i numerosi, oltre le personalità che accompagnarono S. E. Acerbo il giorno dell’inaugurazione, Giovanni Gentile, Francesco Alberto Salvagnini, Direttore Generale delle Accademie e Biblioteche, il Pro-Prefetto della Biblioteca Vaticana, i Direttori e funzionari della Braidense di Milano, dell’Universitaria di Genova e di Bologna, della Casanatense di Roma, della Estense di Modena, della Biblioteca dell’Istituto Internazionale di Agricoltura, della Civica di Nizza Marittima e di molte altre biblioteche, e i componenti di numerose comitive di società culturali ed Enti vari.

La nuova funzionale sede della Biblioteca inaugurata nel 1929 ha, oltre al resto, reso possibile la corretta sistemazione di un fondo librario certamente fra i più importantidel suo patrimonio: il lascito giobertiano. A questa nuova sistemazione fa riferimento il direttore Luigi Màdaro nel suo articolo La sala giobertiana della Biblioteca civica di Torino, in cui traccia una lunga descrizione del fondo narrandone le complesse vicende. Scrive fra l’altro l’autore: Tra le più pregevoli raccolte da cui la Civica torinese trae vanto di sue specialissime funzioni, quella costituita col titolo di Giobertiana nell’apposita saletta del nuovo edificio di corso Palestro, è certo la più ricco e importante ... Recentemente provvisti di una decorosa rilegatura intonata allo stile dell’epoca, [i volumi] sono disposti in armadi metallici secondo il formato e ordinati agli effetti della ricerca, per numero progressivo di catena, sotto il titolo di Libreria Gioberti.

Nel 1936 il direttore Luigi Màdaro pubblica l’articolo La Biblioteca civica di Torino in cui delinea per sommi capi la storia della Biblioteca dal 1855, anno della proposta di Pomba, fino agli anni recenti. Scrive l’autore a proposito della nuova sede di corso Palestro: Stipata fino a pochi anni fa in scarsi e oscuri ambienti del Palazzo Municipale, solo di recente la Biblioteca ha potuto comporsi nella perfezione dell’attuale ordinamento, quale è stato possibile ad essa conferire nella nuovissima sede di Corso Palestro, che, sapientemente apprestata dal Servizio tecnico Municipale e inaugurata dal Ministro Acerbo nell’anno VII dell’Era Fascista, è dai competenti unanimemente giudicata, per razionalità d’impianti e modernità di servizi, un modello ammirevole e dei pochissimi che si abbiano finora in Italia.
Dotata di una grandiosa scaffalatura metallica che, in unico complesso, si erge su quattro piani e si distribuisce anche in reparti minori, con uno sviluppo lineare di circa seimila metri; protetta contro i pericoli che possono minacciare l’integrità del patrimonio librario dai più nuovi accorgimenti della tecnica moderna (dai vari apparecchi di prevenzione, avviso ed estinzione incendi a quelli di illuminazione, riscaldamento, spolveratura meccanica) e largamente provvista (dai montacarichi elettrici per la rapida circolazione dei volumi in distribuzione ai diversi organi di segnalazione bibliografica) d’ogni mezzo e congegno atto ad assicurare, nel tutto e nelle parti, una rapida e il più possibile perfetta funzionalità dei servizi d’un moderno regime di Biblioteca, essa occupa un’area di 1275 mq. In una zona fra le più centrali e silenziose insieme della Città, fra le vie Cittadella, Bertrandi, Perrone e il Corso Palestro, contiguamente alle Facoltà di Magistero e di Commercio della R. Università.
Oltre agli uffici e ai servizi, amministrativi e bibliografici, e ai magazzini librari sì generali che speciali per il deposito dei manoscritti ed opere rare, l’edificio comprende una grande e luminosa sala di lettura capace di 130 posti, un’altra minore per disegnatori, la sala di consultazione con i repertori più importanti e recenti d’informazione generale e la sala di distribuzione e dei cataloghi, a cui si accede da un piccolo grazioso vestibolo seguito da un altro più grande, rivestiti di marmi ambedue e decorati di appropriate simboliche figurazioni, per un marmoreo scalone a tenaglia, rallegrato da una fontana collocata fra le rampe e vigilata da un piccolo toro bronzeo. La bronzea ed elegante decorazione che orna anche gli altri ambienti della Biblioteca, la semplicità dell’arredamento quanto mai proprio alla funzione cui è destinato, la diffusa chiarità di luce che vi penetra dalle grandi finestre, i silenziosi pavimenti in linoleum rendono sereno ed invitante l’indugio allo studio.
Anche per la novità dei regolamenti che provvidamente ne disciplinano il libero uso e largamente consentono il prestito dei libri a domicilio, la Civica di Torino è veramente la tipica biblioteca pubblica moderna, di tutti e per tutti.

Ricordiamo qui un altro fondo che trova opportuna collocazione nella nuova sede del 1929, il Fondo Bosio. Michele Vaudano nel 1954 dedica il suo articolo La libreria del Canonico Bosio alla figura di Antonio Bosio e alla biblioteca che lo studioso, spentosi nel dicembre 1880, lascia per la parte non prettamente religiosa al Collegio degli Artigianelli con il vincolo di permetterne la consultazione delle opere ai soci della Deputazione di Storia Patria. Scrive l’autore: Il fondo librario rimase dunque giacente per oltre cinquant’anni nei locali del Collegio Artigianelli di Torino: gli studiosi della Deputazione poterono bensì accedere ad esso, ma con poco profitto; infatti per la mancanza, sia di un determinato ordinamento del materiale, sia di ogni forma di catalogo, le ricerche non potevano procedere che alla cieca. Saggiamente agì dunque il Consiglio d’Amministrazione del collegio quando nel 1929 si riunì e, preoccupato di sistemare in luogo conveniente e sicuro la preziosa libreria, deliberò di proporne al Comune l’accettazione, quale deposito, presso la Biblioteca Civica con l’obbligo di provvedere al riordinamento e alla catalogazione delle opere che si sarebbero dovute mettere a disposizione dei soci della Deputazione di Storia Patria in omaggio ai desideri del defunto. Con deliberazione del 24 febbraio 1930 il podestà Thaon di Revel accolse la proposta: i libri vennero ospitati nei locali del palazzo di corso Palestro, ove rimasero - ma non furono né schedati, né, a quanto sembra, riordinati - fino al giorno in cui bombe d’aeroplano non distrussero completamente l’edificio. Con la quasi totalità del patrimonio librario, le opere della libreria Bosio si salvarono in buona parte dalla distruzione e, nel 1947, vennero trasportate nel salone di Palazzo Carignano, sede provvisoria della Biblioteca.

Enzo Bottasso, direttore della Biblioteca civica dal 1951 al 1972, raccontando la storia della Biblioteca nel suo articolo La Biblioteca Civica pubblicato nel 1967, così descrive la sede del 1929: Una sede moderna e funzionale - non più ampia, tuttavia, di quella stretta fra gli uffici del palazzo comunale: i posti di lettura vi erano anzi ridotti a circa duecento - la Biblioteca l’ottenne soltanto nel 1929, attraverso l’adattamento dell’edificio già destinato agli archivi militari (o "di Guerra e Marina"), occupante un intiero, ma minuscolo isolato ricavato verso il 1880 dall’area dei bastioni settentrionali della Cittadella. Non si trattò, purtroppo, di una soluzione duratura: dopo quattordici anni, la notte dell’8 agosto 1943, i due piani del fabbricato vennero completamente demoliti da un bombardamento aereo. Furono risparmiati al magazzino librario, scoperchiato ma rimasto compatto nonostante le deformazioni della scaffalatura metallica, gli spezzoni incendiari che nel dicembre precedente avevano incenerito un buon terzo della Biblioteca Nazionale nei due stupendi saloni lignei settecenteschi. I volumi raccolti sotto le macerie e la polvere vennero temporaneamente ricoverati nelle cantine rimaste indenni; ma ad una loro utilizzazione si provvide soltanto a partire dal 1947, quando si poté finalmente disporre dell’immenso salone del Parlamento italiano nell’ala ottocentesca di Palazzo Carignano, prospiciente la piazza Carlo Alberto.

Infine, Luciano Tamburini, direttore della Biblioteca civica a partire dal 1985, nel suo volume pubblicato nel 1980 Biblioteche, musei d’arte dedicato alle biblioteche e ai musei di Torino, così ricorda la nuova sede della Biblioteca inaugurata nel 1929: Nel 1929, finalmente, la Civica uscì dalla sua lunga costrizione ed ebbe la nuova sede. Venne scelto il palazzo già degli Archivi di Guerra e Marina in corso Palestro, coprente un’area di 1.275 mq., che con opportuni adattamenti (ma senza la possibilità di esorbitare dal perimetro) portò a un più razionale funzionamento dell’istituto, ricco ormai di 150 mila volumi. Una sala principale per 130 lettori, una saletta di consultazione per una dozzina oltre una sala di disegno per una trentina circa: poco più forse dei posti usufruibili in Municipio, meno (e di molto) i quelli previsti nel progetto inattuato [la sede di via Arsenale]. Magazzini indipendenti, su 4 piani, di 2 metri e mezzo d’altezza, più altre scaffalature per fondi particolari. L’edificio era luminoso e confortevole (ancora c’è chi ne ha rimpianto), alieno da esibizionismi, connotato appena - e all’interno - quale ambiente di cultura da qualche bassorilievo e scritta. In tali condizioni, sotto la direzione di L. Màdaro, avvenne quella che può chiamarsi la "fondazione" della Biblioteca: nel senso che strutture e ambienti potevano partecipare per la prima volta complementarmente all’erogazione d’un servizio sempre più complesso, facilitato e reso duttile da operazioni di riordino e catalogazione, potenziato ulteriormente dall’immissione d’altre sezioni speciali quali le librerie Bosio e Stampini.

Sventura volle che il pacifico corso (pacifico tenendo però conto del clima accennato ... che non escluse - sul piano culturale - dolorose espunzioni e immissioni incongrue) venisse interrotto nella notte dell’8 agosto 1943 dalla distruzione totale dell’edificio sotto un bombardamento. Si salvarono miracolosamente i libri, e fu già fortuna. Per cinque anni Torino non ebbe più la Civica sebbene allietasse i lettori la notizia che i 200 mila volumi erano intatti. Nel ’47 venne concesso (perché la città alla ricostruzione materiale affiancasse, nei limiti del possibile, anche quella spirituale) il salone del Parlamento italiano in palazzo Carignano: e l’anno dopo, passata l’estate, la Civica riprese a funzionare.

Le bombe del 1943

Come già accennato più volte all'interno dei testi sopra riportati, nell’incursione aerea della notte tra il 7 e l’8 agosto 1943 l’edificio di corso Palestro viene distrutto dalle bombe dirompenti sganciate dai bombardieri inglesi della RAF. Fortunatamente la biblioteca non è colpita da spezzoni incendiari e di conseguenza il magazzino librario, benché fortemente danneggiato, non va distrutto dalle fiamme: moltissimi volumi possono essere ricuperati dalle macerie e salvati. Mentre le raccolte di pregio sono già state messe in salvo in depositi sicuri lontano dalla città, per i volumi superstiti “in loco” non si può far altro che ricoverarli in condizioni gravemente precarie (soprattutto per il pericolo di infiltrazioni di acqua) nelle cantine scoperchiate ma rimaste indenni dell’edificio ormai divenuto completamente inagibile.

Carlo Revelli, in servizio presso la Biblioteca dalla fine degli anni Quaranta e direttore dal 1972 al 1985, così rievoca la sede distrutta nel 1943 nell’articolo Le Biblioteche municipali del 1950, anno in cui la Biblioteca è ancora provvisoriamente collocata all'interno di Palazzo Carignano: Rimasta in alcune sale del Municipio di Torino fino al loro grado estremo di capienza (giunse infatti a moltiplicare di parecchie volte il numero originario di 20.000 volumi), nel 1929 fu trasportata nella nuova sede di Corso Palestro e conobbe gli anni più belli della sua esistenza. Ambienti moderni sotto tutti gli aspetti - igiene, comodità, estetica - accolsero la Biblioteca Civica per quattordici anni, fino alla notte del 7 agosto 1943, quando i muri crollarono ed i volumi furono ricoperti dalle macerie dell’edificio. Per gli impiegati che, ritornati il mattino al loro ufficio, videro la biblioteca distrutta, il lavoro fu duro. La dolorosa ricerca tra le scaffalature contorte ed i calcinacci fu una gara contro i nuovi crolli e soprattutto con l’umidità, che minacciava di distruggere ogni cosa. E quando la maggior parte dei libri - circa il 90 per cento - fu tratta in salvo, incominciò il lavoro di ricostruzione che ancor oggi è lontano dall’essere terminato.

Per approfondire

Per il approfondire l’argomento si consulti la bibliografia sulla Biblioteca civica.

 

Testo di Gianfranco Bussetti (Ufficio Studi locali)